martedì 26 maggio 2009

Harvard Business Review

24 maggio 2009

L'azienda guidata dalle promesse
Esaminando gli impegni presi dai dipendenti con i colleghi e i clienti,
i dirigenti possono individuare le ragioni per cui l'attività può
ristagnare e il modo per rimetterla in movimento.

di DONALD N. SULL e CHARLES SPINOSA

pagg.10

maggio 2007

pag.1
I manager dispongono di una varietà di strumenti per
tradurre la strategia in azione. Possono ridefinire
l'organigramma dell'azienda, riprogettare i processi
aziendali, offrire nuovi incentivi ai dipendenti o implementare
un sofisticato sistema informatico per monitorare
la performance.
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pag.1
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La mancata esecuzione di una strategia può essere
dovuta a una molteplicità di fattori, tutti tristemente
familiari: i dipendenti non si impegnano a sufficienza
perché non condividono le priorità dell'azienda, e diventano
insoddisfatti e improduttivi; le barriere interfunzionali
ostacolano la cooperazione necessaria per cogliere
le nuove opportunità; le strutture organizzative a matrice
nascondono l'attribuzione di responsabilità per iniziative
e progetti.
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pag.1
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In particolare, devono riconoscere che
un'azienda è ben più che un insieme di processi o di
linee e riquadri in un organigramma aziendale. Ogni
azienda è fondamentalmente una rete dinamica di promesse.
I dipendenti a vari livelli della scala gerarchica
prendono impegni gli uni con gli altri: la tipica gestione
per obiettivi. Ma i dipendenti prendono anche impegni
con i colleghi di altre divisioni e con i clienti, i partner
di produzione e altri stakeholder. Le promesse sono i
fili che costituiscono la trama dell'attività coordinata
all'interno di un'azienda.
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pag.3
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In particolare, per sviluppare e portare efficacemente
a compimento una promessa, il cliente e il fornitore
devono intraprendere un dialogo in tre fasi. La prima
fase consiste nel pervenire a una comunione di idee, il
che è più facile a dirsi che a farsi. Questa fase comincia
quando il cliente avanza una richiesta al fornitore. Le
due parti, generalmente, avranno opinioni discordanti
su come soddisfare la richiesta e perché, sulla rapidità
con cui è possibile soddisfarla e sulle risorse da utilizzare.
Data la divergenza di opinioni (tra divisioni, aziende,
Paesi e idiomi) molte conversazioni finiscono per
essere un dialogo tra sordi. Di conseguenza, il cliente e
il fornitore devono esplorare con calma gli aspetti fondamentali
di un impegno coordinato: che cosa intende
una parte? Cosa intende l'altra? Cosa deve fare l'una?
E cosa l'altra? A chi altro conviene rivolgersi?
Il cliente e il fornitore devono cercare di pervenire a
un accordo realistico sulle azioni da intraprendere per
soddisfare le richieste del cliente, i possibili ostacoli al
mantenimento della promessa, e gli interventi che il
cliente può mettere in atto in caso di difficoltà o se il
fornitore si trova alle prese con altre priorità. Questa
fase di discussione si conclude quando il fornitore fa
una promessa che il cliente accetta.
Nella seconda fase – quella dell'esecuzione – il fornitore
dà attuazione alla promessa. Diversamente da
quel che spesso si crede, non è questo il momento di
interrompere i canali di comunicazione; anzi, la conversazione
in questa fase è più importante che mai.
Anche le promesse più accuratamente formulate
rimangono fragili, suscettibili a cambiamenti interni o
esterni all'azienda che possono indurre i dirigenti a
rivedere le priorità e a riallocare le risorse. Alla luce di
questi cambiamenti, il cliente e il fornitore devono
continuare a interpretare e reinterpretare la promessa.
Anzi, se il fornitore si rende conto di non poter mantenere
l'impegno preso con il cliente, deve immediatamente
rinegoziare i termini dell'accordo. Analogamente,
il cliente è obbligato a rinegoziare le condizioni della
promessa se le proprie priorità o circostanze cambiano
in maniera tale da influenzare ciò che ha chiesto
al fornitore di fare. Questa fase si conclude quando il
fornitore dichiara di aver portato a compimento l'incarico
lo sottopone al cliente per una valutazione.
Nella fase finale – la chiusura del ciclo – il cliente
dichiara pubblicamente che il fornitore ha mantenuto i
propri impegni (o non l'ha fatto). La chiusura del ciclo
dà a ciascuna delle due parti la possibilità di offrire
all'altra suggerimenti su come potenziare l'efficacia del
proprio lavoro, in modo da poter migliorare la qualità
di altre promesse fatte in futuro.
Si noti che il cliente e il fornitore devono pervenire
non soltanto a una comunione di idee ma anche a una
comunione di intenti. Il fornitore potrebbe avere ottime
ragioni per esitare a prendere un impegno: ad
esempio, perché vuole riservarsi di decidere o perché
desidera difendere la propria reputazione di persona
che mantiene le promesse.
È importante che il dialogo sulla linea d'azione da
intraprendere vada di pari passo con una discussione
dell'importanza che la promessa assume per entrambe
le parti. Nella fretta di portare a termine le cose, molti
manager trattano questi importanti argomenti solo
superficialmente o omettono del tutto di discuterne.
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pag.4 (Gianluca Spina)
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Oggi, l'attenzione prevalente si rivolge all'execution. La
pressione competitiva e la turbolenza dei mercati
inducono quella che già negli anni Novanta è stata
battezzata time-based competition. Agire in fretta, realizzare
rapidamente le decisioni, il far succedere le
cose («make it happen»): queste sono diventate le
priorità. Meglio una strategia perfettibile ma realizzata,
che una strategia ottimale, ma tardiva o incompiuta.
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pag.4 (Gianluca Spina)
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Il punto di Sull e Spinosa è chiaro: nelle organizzazioni
complesse la chiave per il «make it happen» è quello che
essi chiamano promise-based management. I manager
dovrebbero passare a uno stile di relazione e anche di leadership
essenzialmente basato su promesse che siano:
- pubbliche, cioè a conoscenza diffusa nell'organizzazione;
- attive, cioè negoziate;
- volontarie e non estorte;
- esplicite, cioè dettagliate nei contenuti;
- mission-based, cioè capaci di evocare immediatamente
uno scopo superiore o comunque una ragione valida
e comprensibile.
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pag.5 (Gianluca Spina)
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Le organizzazioni dinamiche hanno bisogno di leader con due capacità essenziali:
- coinvolgere e motivare i propri collaboratori, prestando
attenzione particolare a trattenere i talenti;
- fare leva su un network di relazioni interne, con colleghi
di altre funzioni o divisioni, ma anche esterne con
clienti, fornitori e partner di vario tipo.
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pag.6
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Una promessa fatta in pubblico dovrebbe restare
pubblica per tutta la durata dell'impegno stesso. I
manager della AmBev, produttore brasiliano di birra,
promettono pubblicamente ogni anno di realizzare cinque
obiettivi individuali, tutti collegati agli obiettivi
generali dell'azienda. Si impegnano a centrare determinati
obiettivi relativi, ad esempio, ai margini operativi,
al miglioramento della qualità del servizio o all'abbattimento
dei costi. Le prestazioni dei manager in relazione
a questi obiettivi vengono valutate settimanalmente,
e i risultati affissi in ufficio perché tutti possano prenderne
visione. La cultura di trasparenza e di enfasi sui
risultati ha permesso alla AmBev, che era il secondo
produttore di birra in Brasile, di diventare il primo produttore
al mondo (per volume prodotto) attraverso la
InBev, una joint venture con la belga Interbrew.
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pag.7
ELEMENTI DI TEORIA DEGLI ATTI LINGUISTICI
>> Molti dirigenti preferiscono il fare al dire, ma trascorrono anche tra i due terzi e i tre quarti
della propria giornata lavorativa in discussioni formali o informali.
In che modo, allora, riescono a ottenere risultati con le parole? La teoria degli
atti linguistici, una branca della filosofia linguistica che esplora il modo in cui
le persone usano le parole per coordinare l'azione, afferma che il dire è fare.
Per secoli i filosofi hanno considerato il linguaggio uno strumento per descrivere la realtà esterna.
Affermazioni come «sta piovendo» venivano considerate vere o false a seconda che corrispondessero
o meno alla realtà dei fatti. Ma negli anni Cinquanta il filosofo John L. Austin ha suggerito
che molte affermazioni hanno finalità attuative anziché descrittive.
Quando un arbitro fischia un rigore, un ufficiale militare impartisce un ordine o un fornitore si impegna
a erogare un servizio, l'individuo non si limita a descrivere la realtà, ma contribuisce a
cambiarla attraverso le sue parole. Austin sosteneva che il discorso umano si colloca sempre tra
i due estremi rappresentati dalle affermazioni puramente descrittive, come un'equazione scientifica,
e da quelle puramente attuative, come la dichiarazione di un prete che unisce in matrimonio una coppia di sposi.
John Searle, professore della University of California, ha introdotto successivamente una tassonomia
degli atti linguistici, basata sul ruolo che le diverse affermazioni svolgono nel produrre certi risultati.
Gli atti linguistici commissivi impegnano chi parla ad assumere una certa condotta futura,
e includono non soltanto le promesse, ma anche le offerte (se accetti farò questo) e le controproposte
(non posso fare questo ma potrei fare quello).
Gli atti linguistici direttivi inducono chi ascolta a fare qualcosa, e includono le implorazioni,
le richieste e gli ordini.
Gli atti linguistici dichiarativi sono pronunciamenti autorizzati che cambiano
lo stato delle cose nel mondo, come quando un capo licenzia un dipendente.
Gli atti linguistici espressivi impegnano chi parla a provare un certo tipo di sentimenti per lo stato delle cose, come
quando ci si scusa per aver fatto qualcosa.
Gli atti linguistici assertivi o rappresentativi, infine, impegnano chi parla a una verità e implicano
una condotta futura coerente con quella verità.
Fernando Flores, uno studente di Searle, ha sostenuto che la maggior parte delle conversazioni
che si svolgono all'interno dell'azienda è fuorviata dal tentativo di pervenire a una verità assoluta
che tutti possano condividere e dalla quale possa scaturire un chiaro piano d'azione che tutti possano seguire.
Come i filosofi, diceva Flores, i manager sono stati sedotti dalla convinzione che il discorso abbia
una valenza descrittiva anziché attuativa.
Le richieste e le promesse sono le unità fondamentali della coordinazione nelle organizzazioni commerciali,
e gli atti linguistici assertivi dovrebbero essere usati principalmente per coordinare queste richieste e queste promesse.
Consapevolmente o meno, i manager (attraverso i propri discorsi) creano una complessa rete di richieste, impegni, asserzioni
e dichiarazioni che influenzano l'operato dei dipendenti dell'azienda.

pag.8
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Gli alti dirigenti devono dare quindi ai fornitori l'opportunità
di non accettare la richiesta dei clienti o di
fare una controproposta. Il dirigente di una società
informatica con cui abbiamo lavorato ha dato ai suoi
diretti sottoposti un mazzo di carte, la maggior parte
delle quali conteneva un «sì» o una «controproposta» e
tre della quali riportavano un «no». Usando queste
carte, i suoi sottoposti potevano declinare tre richieste
a trimestre, purché offrissero pubblicamente una spiegazione
del proprio rifiuto.
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pag.8
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Il CEO Hubert Lienhard e il suo team hanno attuato un programma per migliorare
la qualità degli impegni presi dalle persone all'interno
dell'azienda. Gli ingegneri delle varie discipline,
ad esempio, hanno creato e distribuito una serie di liste
di controllo e formulari da usare come guida nella formulazione
di richieste e promesse. Le liste di controllo,
in particolare, indicano una dozzina di elementi che le
parti devono esplicitare nell'avanzare una richiesta o
assumersi un impegno: tra questi, nomi, date, motivi
della richiesta, competenze necessarie per mantenere
la promessa e così via. Gli ingegneri hanno poi stabilito
che si effettui periodicamente una «sospensione del
progetto», nel corso del quale i coordinatori della progettazione,
con riferimento alle proprie liste di controllo,
devono assicurarsi che clienti e fornitori abbiano
un'identica comprensione delle richieste, delle proposte
e delle controproposte.
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pag.10
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Nel corpo degli U.S. Marine, ad esempio, si impartiscono
«ordini basati sulla missione»: nelle richieste si
spiega in dettaglio che cosa vuole l'ufficiale in comando
e perché, lasciando i metodi di implementazione alla
discrezione dell'ufficiale subordinato più vicino alla
situazione in campo. Ciascun ordine include una spiegazione
– nota come l'intenzione del comandante – del
perché l'obiettivo sia importante per l'ufficiale in
comando e i suoi superiori. I business leader possono
ricorrere a un approccio simile, spiegando ai fornitori
l'importanza delle richieste avanzate. Possono poi valutare
se i fornitori abbiano compreso e condividano la
finalità generale di una richiesta, chiedendo loro di spiegare
con le loro stesse parole perché la richiesta sia
importante.
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