Finito di leggere il 16 ottobre 2010
La vita felice
di Lucio Anneo Seneca
introduzione di Maurizio Schoepflin
traduzione di Annalisa Zanotti Fregonara
Edito da Piccola Biblioteca della Felicità, pagg.125, marzo 2010,
Commento: alcuni passaggi sono molto attuali, una bella lettura.
pag.15
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e così, per prima cosa, occorre stabilire cosa sia ciò a cui miriamo; bisogna esaminare per quale via possiamo arrivarci nella maniera più veloce, e capiremo proprio durante il cammino, se solo sarà quello corretto, quanto ogni giorno ne compiamo e quanto più vicino siamo a dove ci spinge il desiderio innato.
fino a che certamente vaghiamo a caso non seguendo una guida, ma il fremito e il clamore discorde di quelli che chiamano in diverse direzioni, la vita si esaurirà in divagazioni, e sarà breve, anche se di giorno e di notte ci daremo da fare con buon impegno.
e così si decida dove dirigersi e attraverso quale via, ma non senza un esperto che già abbia esplorato il percorso al quale ci accingiamo, poichè in questo caso, non si tratta certo della stessa situazione che c'è negli altri viaggi: in quelli, una volta capito il percorso e dopo aver chiesto informazione agli abitanti, non sono ammessi sbagli; in questo caso, invece, sono soprattutto le vie più battute e affollate a ingannarci.
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Pag.19
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nessuno infatti cade senza trascinare anche un altro dietro di sé, e i primi sono causa di rovina per quelli che seguono
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pag.21
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non guardo infatti il colore delle vesti con le quali si coprono i corpi. Non affido ai miei occhi il giudizio sugli uomini, ma mi servo di un lume più efficace e affidabile per discernere il vero dal falso: è l'animo a scovare ciò che c'è di buono nell'animo
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pag.23
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non sono, però, ancora in buoni rapporti con me stesso
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pag.23
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Vedi costoro che lodano l'eloquenza, inseguono le ricchezze, si prosternano di fronte ai favori, magnificano il potere? Tutti questi o sono nemici o, che è la stessa cosa, possono diventarlo; tanto grande è il numero degli ammiratori, quanto grande è quello degli invidiosi. Perchè piuttosto non cerco un bene di cui io possa godere, da percepire nell'intimo, non da esibire? Tutte queste cose che si ammirano, davanti alle quali ci si ferma, che, stupefatti, ci si mostra a vicenda, brillano esteriormente, interiormente sono misere."
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pag.27
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Una vita felice è pertanto quella conforme alla propria natura, cosa che può avvenire solamente se, innanzitutto, la mente è sana ed è nel pieno possesso delle sue facoltà, e, in secondo luogo, se è forte e vigorosa e poi assolutamente tenace, duttile in ogni situazione, interessata al proprio corpo e alle cose a esso pertinenti ma senza ansie, amante delle altre cose che costituiscono la vita, ma senza appassionarsi di nessuna, pronta a servirsi dei doni della sorte, non a diventarne schiava.
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pag.29
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qualunque crudeltà, infatti, nasce sempre da una debolezza.
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pag.29
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Il sommo bene è quando l'animo sdegna i doni della sorte, compiacendosi della virtù
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pag.29
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"Il sommo bene è quando la forza dell'animo è invincibile, esperta, serena nell'azione, dotata di molta umanità e attenzione per chi ci sta vicino
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pag.29
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è felice quell'uomo per il quale non esiste alcun bene né alcun male, ma solo l'animo buono o cattivo, quell'uomo che pratica il bene, che è appagato dalla virtù, che non viene né esaltato né abbattuto dagli avvenimenti, che non conosca nessun bene maggiore che possa dare a se stesso, che crede che il vero piacere consista nel disprezzo dei piaceri
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pag.37
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Nessuno è felice se non è sano di mente e non è sano chi, invece del meglio, cerca ciò che gli nuocerà. Felice è dunque chi ha la capacità di giudicare rettamente; è felice colui che si accontenta della propria condizione, qualunque essa sia, e ha un buon rapporto con i propri beni. E' felice chi affida alla ragione la condotta della sua vita.
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pag.47
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Come in un campo, che sia stato arato per produrre frumento, nascono qua e là alcuni fiori, ma non per questi fiorellini, sebbene siano piacevoli alla vista, è stata spesa tanta fatica (altro è stato l'obiettivo del seminatore, questo è un fattore che si è aggiunto) così il piacere non è la ricompensa né la causa della virtù, ma un accessorio, e non piace perchè diletta, ma, se piace, allora diletta.
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pag.47
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Il sommo bene sta nel giudizio stesso e nell'atteggiamento di una mente eccelsa che, quando ha raggiunto il suo obiettivo e ha determinato i propri confini, ha realizzato il sommo bene e non desidera nulla di più. Al di fuori della totalità non esiste nulla, nulla esiste oltre la fine.
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pag.47
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E così tu sbagli quando mi chiedi che cosa sia ciò per cui io aspiro alla virtù; vuoi sapere, infatti, se esista qualcosa al di sopra del sommo. Mi chiedi che cosa mi aspetto dalla virtù? La virtù stessa. Non possiede infatti nulla di più prezioso del suo stesso valore. Forse questo è poco importante? Se io ti dico: "Il sommo bene è, nell'animo, il rigore inflessibile, la saggezza, la grandiosità, la sanità, la libertà, l'armonia e il decoro", ancora adesso ricerchi qualcosa di più grande a cui queste qualità possano riferirsi? Perchè mi nomini il piacere? Io cerco il bene dell'uomo, non quello del ventre, che, del resto, è più capiente negli animali.
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pag.49
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Ebbene, chi non sa che tutti i più sciocchi sono strapieni dei vostri piaceri, che l'inettitudine si sazia di giocondità e che l'animo stesso ispira tipi di piaceri depravati di ogni genere? Innanzitutto, l'arroganza e l'eccessiva considerazione di sé, la superbia che guarda tutti dall'alto, l'amore cieco e sconsiderato per le proprie cose, l'esultanza per i motivi più insignificanti e infantili, e ancora il sarcasmo e l'altezzosità che si compiacciono di offendere, l'inerzia e la fiacchezza dell'animo che, fiaccato dalla profusione di piaceri, si addormenta su se stesso.
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pag.57
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Smettano allora di accostare cose inconciliabili e mescolare alla virtù il piacere, vizio attraverso il quale lusingano gli uomini peggiori. Quello, che si abbandona ai piaceri, che, ubriaco, continua a ruttare, poiché sa di vivere con il piacere, crede di vivere con il piacere, crede di vivere anche con la virtù (infatti, sente dire che non si può separare il piacere dalla virtù); poi, ascrive ai suoi vizi il nome di sapienza e palesa ciò che dovrebbe occultare.
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pag.59
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Colui che definisce "felicità" l'ozio inoperoso e l'avvicendarsi dei piaceri della gola e del sesso, cerca un buon sostenitore delle sue cattive azioni e, quando ci arriva, spinto dal nome invitante, segue il piacere, non quello di cui ha sentito parlare, ma quello che si è portato appresso, e quando comincia a considerare i propri vizi conformi agli insegnamenti, li asseconda non timidamente e di nascosto, anzi si lascia andare ormai senza pudore. E così non dirò che la maggioranza dei nostri colleghi dice, cioè che la scuola di Epicuro è maestra di scelleratezze, ma questo affermo; gode di cattiva fama, è denigrata. "Ma immeritatamente."
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pag.67
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Ma colui che associa la virtù al piacere, seppure con proporzioni diverse, con la debolezza di un bene infiacchisce il vigore dell'altro e soggioga la libertà, che così risulta invincibile, se non conosce niente di più prezioso di sé. Infatti, quell'uomo comincia ad aver bisogno della fortuna, cosa che costituisce la peggiore schiavitù; ne deriva una vira ansiosa, sospettosa, inquieta, preoccupata dagli eventi, tenuta in sospeso dal mutare delle circostanze.
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pag.71
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Quale follia è il farsi trascinare piuttosto che agire di propria volontà! Allo stesso modo, per Ercole, è sintomo di stupidità e di inconsapevolezza della propria condizione il fatto di dolersi perchè ti manca o ti va male qualcosa, così il fatto di stupirsi e di mal sopportare le cose che accadono tanto ai buoni quanto ai malvagi – intendo le malattie, lutti, infermità e tutte le altre traversie della vita umana.
Pag.73
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"E che dunque? Basta la virtù per vivere felicemente?" Perchè quella, perfetta e divina, non dovrebbe forse essere sufficiente, anzi, essere più che sufficiente? Che cosa, infatti, può desiderare chi è estraneo al desiderio di ogni cosa? Di cosa può aver bisogno dall'esterno chi ha raccolto tutto in se stesso? Ma chi aspira alla virtù, anche se è andato molto avanti nel cammino, necessita di un po' di indulgenza da parte della sorte, almeno fino a quando deve affrontare le debolezze umane, e fino a che non scioglie ogni sorta di vincolo che lo lega alla condizione mortale.
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pag.85
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Nel frattempo, non è il caso che tu disprezzi le buone parole e gli animi pieni di buoni pensieri: la pratica di salutari occupazioni è da lodare anche al di là del risultato. Di che stupirsi se non arrivano in cima, pur avendo intrapreso un cammino difficile? Se sei un uomo, guarda rispettosamente coloro che, anche se falliscono, si arrischiano in grandi imprese. Nobile cosa è il fatto che uno, affidandosi non alle proprie forze, ma a quelle della propria natura, miri in alto e concepisca progetti più ambiziosi di quelli che possono essere realizzati da persone dotate anche di un animo grande
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pag.87
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Non valuterò i benefici né altre cose in base alla quantità o al peso, ma in base alla stima nei confronti di colui che li riceve. Non sarà mai troppo ciò che darò a una persona degna di ricevere. Non farò nulla secondo la comune opinione, farò tutto secondo la mia coscienza. Crederò che qualunque cosa io faccia, pur sapendolo io solo, avvenga sotto gli occhi del popolo.
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pag.89
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Chi si proporrà di fare tali cose, lo vorrà e si metterà in gioco, percorrerà il cammino verso gli dei, e, anche se non raggiungerà l'obiettivo, tuttavia sarà caduto dopo aver tentato grandi imprese.
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pag.115
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Direbbe Socrate o qualche altro che goda della stessa considerazione a proposito degli affari umani: "Di nulla sono più convinto se non del fatto che non potrei piegare il modo di comportarmi alle vostre opinioni. Raccogliete da ogni parte le solite accuse: non penserò che stiate insultando, ma che emettiate vagiti come poveri neonati,"
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