lunedì 31 agosto 2009

Leadership di Agostino La Bella

Finito di leggere il 22 agosto 2009

Leadership

di Agostino La Bella

edito da Apogeo, pagg.306, ottobre 2005

Commento: la seconda lettura me lo ha fatto apprezzare di più;
molti spunti interessanti e ricco di materiale utile per l'attività formativa;
consigliato

www.agostinolabella.com
www.apogeoline.com/libri/88-503-2372-7/scheda

La scomparsa di Majorana di Leonardo Sciascia

Finito di legge il 29 agosto 2009

La scomparsa di Majorana

di Leonardo Sciascia

edito da Einaudi, pagg.77, maggio 1975

Commento: lettura interessante

Citazioni:

pag.20

Come tutti i siciliani "buoni", come tutti i siciliani migliori,
Majorana non era portato a far gruppo, a stabilire solidarietà
 e a stabilirvisi (sono i siciliani peggiori quelli
che hanno il genio del gruppo, della "cosca").


pag.21

Nel genio precoce – quale appunto era Majorana –
la vita ha come una invalicabile misura: di tempo,
di opera. Una misura come assegnata, come
imprescrittibile. Appena toccata, nell'opera,
una compiutezza, una perfezione; appena svelato
compiutamente un segreto, appena data perfetta
forma, e cioè rivelazione, a un mistero –
nell'ordine della conoscenza o, per dirla
approssimativamente, della bellezza: nella
scienza o nella letteratura o nell'arte –
appena dopo è la morte.


pag.67

Nato in questa Sicilia che per più di
due millenni non aveva dato uno scienziato,
in cui l'assenza se non il rifiuto della
scienza era diventata forma di vita, il
suo essere scienziato era già una dissonanza.
...
Nota nel libro alla citazione:

Ovviamente, l'affermazione non vuole essere
apodittica nel senso che in Sicilia per più di
due millenni non è venuto fuori uno scienziato
perchè i siciliani sono negati alla scienza.
Una simile affermazione da parte nostra sempre
presuppone delle ragioni storiche: e tra queste
la presenza – più lunga, più continua, più
invadente e capillare che in altre regioni d'Italia –
dell'Inquisizione spagnola. Ragione per cui
anche la Spagna può, per luogo comune, essere
considerata un paese negato alla scienza.
Altrettanto ovviamente, non si vuol dire che
in Sicilia, da Archimede a Majorana, proprio
nessuno si sia dedicato alla scienza.
C'è stato un Maurolico; ci sono stati
Bernardino d'Ucria e il Bottone, botanici;
c'è stato il Campailla, filosofo e sperimentatore;
l'Ingrassia, notomista; il Cannizzaro, chimico.
Precedenti immediati a Ettore Majorana si possono
poi considerare la "scuola matematica di Palermo" e –
precedente anche familiare – il fisico Quirino Majorana.
Il quale, professore all'Università di Bologna, per tutta
la vita si adoperò per dimostrare fallace la teoria
della relatività, senza mai riuscirvi e onestamente
riconoscendo di non riuscirvi: il che non gli
impediva di continuare ostinatamente a combatterla.
Un caso che ci sembra "molto siciliano". E saremmo
curiosi di sapere quali fossero i rapporti, quali le
discussioni in ordine alla teoria della relatività,
tra zio e nipote: tra Ettore che ci credeva e
Quirino che rifiutava di accettarla.

Pag.70

E Fermi, conversando con Giuseppe Cocconi nel 1938,
dopo la scomparsa: Perchè, vede,  al mondo ci sono
varie categorie di scienziati. Persone di secondo e
terzo rango, che fan del loro meglio ma non vanno molto
lontano. Persone di primo rango, che arrivano a
scoperte di grande importanza, fondamentali per
lo sviluppo della scienza. Ma poi ci sono i geni,
come Galileo e Newton. Ebbene, Ettore Majorana
era uno di quelli. Majorana aveva quel che nessun
altro al mondo ha; sfortunatamente gli mancava
quel che è invece comune trovare negli altri
uomini: il semplice buon senso.


pag.73

dello stesso Prospero, nella stessa scena
dell'atto IV de La tempesta, penultima opera
di Shakespeare, ultima in un certo senso:
Questi nostri attori, come del resto avevo
già detto, erano soltanto degli spiriti, e
si sono dissolti nell'aria, nell'aria sottile.
E simili in tutto alla fabbrica senza fondamento
di questa visione, le torri incappucciate di nubi,
gli splendidi palazzi, i sacri templi, lo stesso
globo terrestre e tutto quel che vi si contiene,
s'avvieranno   al dissolvimento e, al modo di
quello spettacolo senza corpo che avete visto
ora dissolversi, non lasceranno dietro a sé
nemmeno uno strascico di nube. Noi siamo
fatti della stessa sostanza di cui sono fatti
i sogni, circondata dal sonno è la nostra
breve vita.
...

L'arte di insultare di Arthur Schopenhauer

Finito di leggere per la seconda volta il 14 Agosto 2009

L'arte di insultare

di Arthur Schopenhauer

a cura e con un saggio di Franco Volpi

edito da Adelphi, Piccola Biblioteca, pagg.147, febbraio 2002

Commento: da leggere.

Citazioni:

pag.28

Gli amici si dicono sinceri, ma in realtà sinceri sono i nemici.


pag.28

Gli amici di casa si chiamo così per lo più a ragione, perchè sono amici più
della casa che del padrone, sono cioè più simili ai gatti che ai cani.


pag.42

Il chiasso è la più impertinente di tutte le interruzioni poiché interrompe,
anzi spezza, i nostri pensieri. Ma dove non c'è nulla da interrompere il chiasso
non sarà avvertito in modo particolare.
La tolleranza generale riguardo al chiasso inutile, ad esempio riguardo
allo sbattere le porte, abitudine oltremodo maleducata e volgare, è addirittura
un sintomo dell'ottusità generale e della povertà di idee.
In Germania le cose stanno come se si mirasse a far sì che per
il chiasso nessuno riesca a concentrarsi.


pag.42

I cinesi sono in grado di concepire soltanto il governo monarchico,
e non riescono a capire  che cosa sia una repubblica. Quando, nel 1658,
si recò in Cina un'ambasceria olandese, essa si vide costretta a far
passare il principe d'Orange come suo re, perchè altrimenti i cinesi
sarebbero stati portati a considerare l'Olanda un covo di pirati
che vivevano senza un capo.


pag.59

L'intelletto non è una grandezza estensiva bensì intensiva: perciò
un solo individuo può tranquillamente opporsi a diecimila, e un'assemblea
di mille imbecilli non fa una persona intelligente.


 pag.60

La mia epoca e io non siamo fatti l'uno per l'altro: questo è chiaro.
Ma è da vedere chi dei due vincerà il processo di fronte al tribunale dei posteri.


pag.61

L'erudito puro e semplice, per esempio un ordinario
di Gottingen, guarda al genio all'incirca come noi
guardiamo alla lepre, che soltanto dopo morta è buona
da mangiare e da cucinare: perciò come a qualcuno sul
quale, finchè è vivo, bisogna sparare.


pag.61

L'erudizione mi sembra paragonabile a una pesante
corazza, che rende bensì l'uomo forte assolutamente
invincibile, ma che per il debole è un peso sotto il
quale egli alla fine soccombe.


pag.62

La fede è come l'amore: non si può ottenere con la forza.


pag.71

Odo il ruotare del mulino, ma non vedo la farina.


pag.80

Se poi aggiungessi che questo summus philosophus
dell'Accademia Danese ha buttato giù dei nonsensi
come nessun altro mortale prima di lui, a tal punto
che chi riuscisse a leggere la sua opera più celebrata,
la cosiddetta Fenomenologia dello spirito, senza avere
l'impressione di trovarsi in manicomio sarebbe già da
manicomio, così dicendo non avrei meno ragione.


pag.93

Leggere significa pensare con la testa altrui invece
che con la propria.
Il furore di leggere libri della maggior parte
dei dotti è una specie di fuga vacui, un fuggire
dal vuoto di pensiero dei loro cervelli, che attira
dentro a forza sostanza estranea: per avere pensieri
devono leggerli altrove, come i corpi inanimati
ricevono il movimento solo dall'esterno, mentre coloro
che sono dotati di pensiero proprio sono come i corpi
viventi che si muovono da sé.
L'arte di non leggere è molto importante.
Essa consiste nel non prendere in mano quello che
di volta in volta il vasto pubblico sta leggendo, come
per esempio libelli politici e letterari, romanzi, poesie
e simili cose, che fanno chiasso appunto in quel dato
momento e raggiungono perfino parecchie edizioni nel
loro primo e ultimo anno di vita.
Pretendere che un individuo ritenga tutto quanto ha letto
è come esigere che porti ancora dentro di sé tutto
quanto ha mangiato.
...

Pag.95

Serse, secondo Erodoto, pianse alla vista del suo
immenso esercito, pensando che, di tutti  quei guerrieri,
entro cent'anni non ne sarebbe rimasto in vita uno solo:
chi non piangerebbe alla vista di un grosso catalogo di
libri stampati, se pensasse che di tutti quei libri,
già dopo dieci anni, non ne rimarrà in vita nemmeno uno?


pag.95

Sarebbe bene comprare libri, se insieme si potesse
comprare il tempo per leggerli, ma di solito si
scambia l'acquisto di libri per l'acquisizione del
loro contenuto.


pag.96

Marco Polo e grandi viaggiatori.
I viaggi in terre lontane e poco esplorate portano
a questo: si diventa così famosi per ciò che si è
visto, non perchè si sia pensato alcunchè.


pag.97

Il fine del matrimonio non è l'intrattenimento
intellettuale, bensì la generazione dei figli: esso
è un'unione dei cuori, non dei cervelli. Per una
donna, sostenere di essersi innamorata dell'intelligenza
di un uomo è una pretesa vana e ridicola.


pag.97

Sposarsi solo "per amore" e non doversene pentire molto
presto, anzi sposarsi in genere, significa mettere la
mano in un sacco con gli occhi bendati e sperare di
tirare fuori un'anguilla da un mucchio di serpi.


pag.97

Nel nostro continente monogamico, sposarsi significa
dimezzare i propri diritti e raddoppiare i doveri.


pag.97

Sposarsi significa fare il possibile per venirsi
a nausea l'uno all'altro.


pag.98

Le leggi matrimoniali europee assumono la donna
come equivalente all'uomo: partono, dunque, da
un presupposto sbagliato.


pag.98

I matrimoni d'amore vengono conclusi nell'interesse
della specie, non dell'individuo. E' vero che i
promessi sposi si illudono di perseguire la propria
felicità: senonchè il fine effettivo è loro estraneo,
in quanto sta nella generazione di un individuo che
essi soli possono concepire. Congiunti da questo fine,
essi dovranno cercare d'ora in poi di intendersi
nel miglior modo possibile. Ma molto spesso la
coppia, formatasi a seguito di quell'illusione
istintiva che costituisce l'essenza della passione
amorosa, sarà per tutto il resto di natura assolutamente
eterogenea. Ciò viene alla luce quando l'illusione
sparisce, come è inevitabile che accada. Per conseguenza,
i matrimoni d'amore sono di regola infelici: infatti
provvedono per la generazione futura a spese di quella
presente.


pag.98

Sembra che, con l'atto del matrimonio, o ci rimette
l'individuo o ci rimette l'interesse della specie.
E il più delle volte è proprio così: infatti è
rarissimo che convenienza e amore appassionato
procedano mano nella mano.


pag.99

Quanto più una cosa è nobile e perfetta, tanto
più tardi e più lentamente giunge alla maturità.
Difficilmente il maschio raggiunge la maturità
della ragione e delle forze dell'intelletto
prima dei ventotto anni; la donna, invece, già
a diciotto anni; ma la sua ragione è, appunto
per questo, assai limitata. Perciò le donne
restano bambini per tutta la vita, vedono
sempre e soltanto ciò che è più vicino, rimangono
attaccate al presente, scambiano l'apparenza delle
cose con la loro sostanza, e preferiscono inezie
alle questioni più importanti.


pag.99

La memoria è un essere capriccioso e bizzarro,
paragonabile a una giovane ragazza: a volte rifiuta
in modo del tutto inaspettato ciò che ha dato
in cento altri casi, e poi, quando non ci si
pensa più, ce lo porta da sé.


pag.99

Per i filosofi di cattedra il vero tema essenziale
della metafisica consiste nella discussione del
rapporto tra Dio e il mondo. I loro manuali sono
pieni delle più ampie trattazioni sull'argomento.
Essi si sentono destinati e pagati soprattutto
per mettere in chiaro questo punto, ed è davvero
divertente vedere con quale antica saggezza e
con quale erudizione essi parlano dell'assoluto,
o di Dio, comportandosi con grande serietà, come
se davvero sapessero qualcosa in proposito.
Tutto ciò ricorda la serietà con cui i bambini si
divertono con i loro giochi. Ogni volta che si
apre una fiera del libro compare una nuova metafisica,
che consiste in un prolisso rendiconto sul buon Dio,
spiega qual è realmente la sua situazione e come egli
sia giunto al punto di aver fatto, o generato, o in
qualche modo prodotto il mondo; sembra quasi che
ogni sei mesi essi ricevano le ultime notizie su di lui.


pag.100

Due cose principalmente distinguono la situazione
sociale dell'epoca moderna da quella dell'antichità,
a svantaggio della prima, dando ai nostri tempi
una tinta seria, fosca e sinistra da cui l'antichità,
serena e spontanea come il mattino della vita,
va esente. Esse sono il principio dell'onore
cavalleresco, buffonata sconosciuta agli antichi,
e la sifilide …
Voglia il cielo che nel diciannovesimo secolo
i due mostri dell'epoca moderna si possano eliminare.


pag.101

Tra ciò che uno ha non ho annoverato la moglie
e i figli, poiché da questi è meglio dire che
si è posseduti.


pag.101

Il mondo è una mia rappresentazione.


pag.101

Questo mondo dovrebbe averlo fatto un Dio?
No, piuttosto un demonio.

Aristotele ha scritto: "La natura non è divina, ma demoniaca"
 (De divinatione per somnum, 2, 463 a 14-15).
Noi potremmo tradurre: "L'inferno è il mondo".

Se si volesse condurre il più impenitente ottimista
 per gli ospedali, i lazzaretti e le camere di
martirio chirurgiche, per le carceri, le stanze
di tortura e le stalle degli schiavi, sui campi di
battaglia e nei tribunali, e aprirgli poi tutti
i tetri alloggi della miseria, dove essa si
rincantuccia per sfuggire agli sguardi della fredda
curiosità, e alla fine fargli dare un'occhiata
nella torre della fame di Ugolino, anch'egli
finirebbe sicuramente col capire di che specie
sia questo meilleur des mondes possibles.

Il nostro è il peggiore dei mondi possibili.

Dovunque nel mondo non vi è molto da ricavare:
bisogno e dolore lo riempiono, e coloro che
sono riusciti a sfuggire a questi sono attesi,
a ogni angolo, dalla noia in agguato.

Nel mondo di regola domina la malvagità,
e la stoltezza ha la parola decisiva.

Per avere sempre a portata di mano una bussola
sicura che orienti nella vita, per considerare
la vita senza mai confondersi, e sempre nella
sua giusta luce, niente è più opportuno che
abituarsi a pensare questo mondo come un luogo
di espiazione, per così dire un istituto di pena,
a penal colony – un "ergasterion" come lo
chiamavano i filosofi più antichi (secondo
Clemente Alessandrino) … Tra i mali di un istituto
di pena vi è anche quello della compagnia
cha là s'incontra. Che compagnia si trovì
in questo mondo, lo saprà, anche senza che glielo
dica io, chi sia in qualche modo degno di una migliore.

La regola a questo mondo è, dovunque, la marmaglia.


pag.103

Nessun continente è sessualmente così corrotto
come l'Europa a causa del matrimonio monogamico
contro natura.
Da un punto di vista razionale non si capisce
perchè un uomo, la cui moglie soffre di una
malatti cronica, oppure rimane sterile, oppure
con gli anni è diventata troppo vecchia per lui,
non dovrebbe prendersi una seconda moglie in aggiunta.
Solamente a Londra vi sono ottantamila prostitute.
Non sono esse, forse, null'altro che donne terribilmente
dannegiate dall'istituzione monogamica, vere e
proprie vittime umane sull'altare della monogamia?
Non c'è ragione di discutere sulla poligamia,
piuttosto bisogna accettarla come un fatto esistente
dovunque, rimane soltanto il compito di regolarla.
Dove sono poi i veri monogami? Noi tutti viviamo
almeno per un certo tempo, ma di solito sempre,
nella poligamia. Siccome, dunque, ogni maschio
ha bisogno di parecchie femmine, nulla è più
giusto che consentirgli, anzi imporgli, di mantenere
molte donne. Con ciò anche la donna viene ricondotta
nella sua corretta e naturale condizione di essere
subordinato, e la dama, questo mostro della civiltà
europea e della stupidità cristiano-germanica, con
le sue ridicole pretese di rispetto e di venerazione,
verrà eliminata dal mondo, e vi saranno soltanto
donne, ma non più donne disgraziate, di cui ora è piena l'Europa.


pag.104

L'intolleranza è intrinseca soltanto all'essenza
del monoteismo: un dio unico è, per sua natura,
un dio geloso, che non tollera nessun altro dio
accanto a sé.


pag.104

Innalzare a qualcuno un monumento quando
è ancora in vita significa dichiarare che
nei suoi confronti non vi è da fare
affidamento sulla posterità.


pag.104

Se rivolgiamo lo sguardo indietro ai duemila anni
e più trascorsi nell'inutile tentativo di trovare
un solido fondamento alla morale, forse ci verrà
da pensare che non vi sia nessuna morale naturale,
indipendente dalle istituzioni umane, ma che essa
sia semplicemente un'invenzione artificiale,
un mezzo escogitato per meglio raffrenare
l'egoista e malvagia razza umana.


pag.105

Ciò che procura tanti convertiti alla setta
dei mormoni è l'eliminazione della monogamia,
che è contraria alla natura.


pag.105

Bisognerebbe scegliere la mosca a simbolo
della sfacciataggine e dell'insolenza degli stupidi.
Infatti, mentre tutti gli animali temono più di ogni
altra cosa l'uomo e lo sfuggono già da lontano,
la mosca gli si posa sul naso.


pag.106

Fu Mosè a scrivere la frase ripetuta dappertutto
dopo di lui, cioè che Dio, dopo la creazione,
getto uno sguardo su questo mondo e trovò che
tutto era buono: panta kalà (in greco nel testo).
Ah, il buon vecchio Dio di Mosè non era certo
difficile! … Con la mano sul cuore, ditemi se
questo panta kalà non sembra una beffa atroce …


pag.107

La sola felicità è quella di non nascere.


pag.107

Natura è un espressione corretta
ma eufemistica: con uguale diritto
si potrebbe chiamare mortura.


pag.107

Ogni miserabile babbeo, che non abbia
al mondo nulla di cui poter essere orgoglioso,
si appiglia all'ultima risorsa per esserlo,
cioè alla nazione cui appartiene: in tal
modo egli si rinfranca ed è ora pieno di
gratitudine e pronto a difendere
piux kai lax (in greco nel testo) [con le unghie e con i denti]
 tutti i difetti e tutte le stoltezze
caratteristiche di quella nazione.


pag.108

Già i bambini, invece di voler capire
la cosa, hanno per lo più l'infelice tendenza
a contentarsi di parole e a impararle a memoria
per cavarsela con esse quando sia necessario.
Questa tendenza rimane in seguito e ha per
risultato che il sapere di molti dotti è
un vero cumulo di vuote parole.


pag.109

In realtà il valore che noi attribuiamo all'opinione
degli altri e la nostra preoccupazione costante
al riguardo oltrepassano di regola ogni
ragionevole giustificazione, tanto da poter sembrare
una specie di mania  generalmente diffusa, o piuttosto
innata. In tutto ciò che noi facciamo e non facciamo
si prende in considerazione l'opinione altrui quasi
prima di ogni altra cosa, e con un'attenta analisi
vediamo che da tale preoccupazione nasce quasi
la metà di tutte le afflizioni e le ansie da
noi provate.


pag.109

L'oscurantismo è un peccato, forse non
contro lo spirito santo, ma certo ontro
lo spirito umano: per questo è imperdonabile
e bisogna rinfacciarlo sempre e ovunque,
senza transigere, a chi se ne è reso
colpevole, testimoniandogli il proprio
disprezzo a ogni occasione, finchè vivrà,
anzi anche dopo che è morto.


pag.111

Soltanto i nostri pensieri personali hanno
vita e verità, poiché sono i soli che si
comprendono interamente. Pensieri altrui,
pescati in qualche libro, sono minestra
riscaldata (geschissene Scheisse).


pag.111

La nostra situazione è davvero miserevole!
Un breve lasso di tempo da vivere, pieno di
fatica, miseria, angoscia e dolore, senza
minimamente sapere da dove veniamo, dove andiamo
e perchè viviamo, e per soprammercato anche preti
di tutte le razze con le loro rispettive rivelazioni
in proposito, accompagnate da minacce contro
i miscredenti.


pag.112

Il progresso è il sogno del diciannovesimo secolo,
come la resurrezione dei morti era quello del decimo.
Ogni epoca ha il suo. Quando questo secolo, esaurendo
i suoi granai e quelli del passato, avrà formato
un cumulo di scienze e di ricchezze, l'uomo,
misurandosi con un tale ammasso, sarà forse
meno piccolo? Miserabili parvenus …

Com'è noto, le lingue, soprattutto per quanto
riguarda la grammatica, sono tanto più perfette
quanto più antiche, e gradualmente diventano
sempre peggiori; si comincia così con la
nobile lingua sanscrita giù giù fino al
gergo inglese, questo vestito per i
pensieri rimediato con pezzi di stoffa eterogenei.

Tale lenta degradazione è un argomento
rilevante contro le teorie predilette dei
nostri prosaici e sorridenti ottimisti
relative "al costante progresso dell'umanità
verso il meglio"; per dimostrarlo essi
vorrebbero falsare la deplorevole storia
del genere bipede.


pag.113

Le prostitute conducono una vita triste
e infame, ma, date le circostanze, sono
necessarie a soddisfare i bisogni del
sesso maschile, e come tali rappresentano
un ceto riconosciuto ufficialmente, con
lo scopo specifico di proteggere dai
seduttori le donne privilegiate dal destino,
che hanno trovato marito, o hanno diritto
a sperare di trovarne.


pag.115

Una madre aveva dato da leggere ai figli
le favole di Esopo per istruirli e
migliorarli. Ma ben presto i bambini
le riportarono il libro, e il maggiore
disse in modo presuntuoso: "Questo libro
non fa per noi| E' troppo infantile e stupido.
Che volpi, lupi, e cornacchie sappiano
parlare è un'assurdità che non può più abbindolarci:
già da molto tempo abbiamo superato simili buffonate!".
Chi non riconoscerà in quei ragazzi presuntuosi
i futuri razionalisti illuminati?


pag.115

E' mia opinione – e la dico qui di sfuggita –
che il colore bianco della pelle non sia naturale
all'uomo, il quale, per natura, ha invece la pelle
nera o scura, come i nostri antenati, gli indù.
Di conseguenza, dal grembo della natura non è mai
nato originariamente un uomo bianco, e quindi
non esiste una razza bianca, benchè se ne parli
tanto: ogni uomo bianco è solamente un uomo
scolorito.

Pag.116

I recensori anonimi

Un recensore anonimo è un furfante che
non vuole rispondere di ciò che comunica.
Negli attacchi il signor Anonimo è senz'altro
il signor Mascalzone.
Prima di tutto dovrebbe essere eliminato
l'usbergo di ogni furfanteria letteraria,
l'anonimato. Nelle riviste letterarie l'anonimato
è stato introdotto con il pretesto che esso dovrebbe
difendere il recensore onesto, l'ammonitore del
pubblico, dal rancore dell'autore e dei suoi
protettori. Tuttavia, per un solo caso di questo
genere ve ne saranno un centinaio nei quali
l'anonimato serve soltanto a sollevare da
ogni responsabilità colui che non è in grado
di sostenere ciò che dice … .
E' incredibile la sfacciataggine di certi tipi,
che non indietreggiano di fronte ad alcuna
mascalzonata letteraria quando sentono di
essere al sicuro sotto l'ombra protettrice
dell'anonimato … . Sarebbe forse tollerato
un uomo mascherato che si mettesse a tenere un
discorso al popolo oppure volesse parlare
dinanzi a un'assemblea? O, addirittura, che
prendesse ad attaccare altre persone,
ricoprendole di vituperi? Non lo metterebbero
ben presto alla porta gli altri con calci poderosi?


pag.117

Ogni volta che si fa riferimento, sia pure
di passaggio e magari senza biasimo, a un
recensore anonimo, bisognerebbe servirsi
di epiteti come "il vile pezzente anonimo"
o "il camuffato furfante anonimo di tal
rivista", e cos' via. Questo è davvero
il tono conveniente e appropriato con
cui apostrofare simile gentaglia,
affincè passi loro la voglia di
fare quel mestiere.


pag.117

Un genere di impertinenza particolarmente
ridicolo di simili critici anonimi è che essi, c
ome i re, quando parlano usano il "noi"; mentre
dovrebbero parlare non soltanto al singolare,
ma piuttosto al diminutivo, anzi all' "umiliativo",
dicendo per esempio: "La mia miserabile
dappochezza, la mia vile scaltrezza, la
mia camuffata incompetenza, la mia meschina
straccioneria", e via dicendo. Così devono
parlare certi farabutti mascherati, simili
agli orbettini che sibilano dal buco oscuro
di qualche "giornalucolo letterario di
provincia", ai quali una volta per tutte
dev'essere impedito quel mestiere.


pag.118

Con la sparizione dell'anonimato si
eliminerebbe il novantanove per
cento di tutte le canagliate letterarie.


pag.118

Da parte mia dirigerei una bisca
o un bordello altrettanto volentieri
che un simile covo di recensori anonimi.


pag.122

Quei diavoli in sembianze umane, i padroni
e i trafficanti di schiavi nei liberi Stati
dell'America del Nord (che dovrebbero
essere chiamati "Stati degli schiavi"),
sono di regola seguaci ortodossi e devoti
della Chiesa anglicana: considererebbero
un grave peccato lavorare di domenica e,
contando sulla loro osservanza, sulla
frequentazione assidua della chiesa e
su altre cose del genere, sperano nella
propria salvezza eterna.


pag.122

Gli scrittori si possono dividere in stelle
cadenti, pianeti e stelle fisse. I primi
producono colpi di scena momentanei: si
guarda in su, si grida "guarda guarda"
e poi scompaiono per sempre. I secondi,
cioè le stelle che vagabondano per il
cielo, hanno assai più consistenza.
Brillano, benchè soltanto grazie alla
loro vicinanza, assai più delle stelle
fisse e vengono con esse scambiati dai
profani. Ma anche i pianeti debbono ben
presto sgomberare il loro posto, inoltre
ricevono la luce in prestito e hanno una
sfera d'azione limitata ai compagni di
cammino (i contemporanei). Essi si spostano
e si alternano: un'orbita della durata di
qualche anno è il loro destino.
Soltanto le stelle fisse non cambiano:
stanno ferme nel cielo, hanno luce propria,
agiscono su ogni epoca … . Esse non
appartengono, come gli altri corpi celesti,
a un solo sistema (nazione), bensì
all'universo. Ma appunto a causa
dell'altezza della loro posizione,
la loro luce di solito richiede molti
anni prima di diventare visibile
all'abitante della terra.


pag.123

La prima regola, e forse l'unica, del
buono stile è che si abbia qualcosa da
dire: con questa regola si va lontano!
Eppure gli scrittori di filosofia si
distinguono per il fatto di
trascurarla … specialmente da Fichte
in poi. In tutti costoro si può appunto
rilevare che sembrano voler dire qualcosa,
mentre non hanno nulla da dire.
Il carattere comune dei testi filosofici
di questo secolo è che sono scritti
senza che vi sia veramente qualcosa da
dire: tale carattere si ritrova in
tutti quanti e può quindi essere studiato
allo stesso modo in Salat e in Hegel,
in Herbart e in Schleiemacher.
Secondo il metodo omeopatico, un minimo
insignificante di pensiero viene diluito
in un profluvio di parole che riempiono
cinquanta pagine, e si continua così
tranquillissimi a cianciare di pagina
in pagina, con una fiducia illimitata
nella pazienza davvero tedesca del lettore.
Invano l'intelligenza condannata a questa
lettura spera in pensieri autentici, solidi
e sostanziali: essa spasima, spasima attendendo
un qualsiasi pensiero – come il viaggiatore
nel deserto d'Arabia sospira l'acqua – e
dovrà morire di sete.


pag.124

Buttano giù il loro pensieri a pezzi e
bocconi in brevi sentenze paradossali e
ambigue che sembrano voler significare
assai più di quel che esprimono (eccellenti
esempi di questo genere si trovano nelle
opere di Schelling sulla filosofia della natura);
alle volte, invece, quegli scrittori presentano
il loro pensiero in un profluvio di parole con
la più insopportabile prolissità, come se
occorressero chissà quali sforzi miracolosi
per renderne comprensibile il senso profondo,
mentre si tratta di un'idea assolutamente
sciocca, magari di una banalità (Fichte,
nei suoi scritti popolari, e centinaia di
miserabili imbecilli che non vale la pena
di nominare, nei loro manuali filosofici,
ne forniscono esempi in abbondanza).


pag.125

Chi scrive in modo trascurato confessa così,
anzitutto, che lui per primo non attribuisce
un gran valore ai suoi pensieri.


pag.125

Se è un'impertinenza interrompere gli altri,
impertinenza non minore è interrompere se
stessi, come avviene nella costruzione del
periodo che da alcuni anni applicano almeno
sei volte per pagina, compiacendosene, tutti
gli scribacchini negligenti, affrettati e
smaniosi solo di guadagno. Questa costruzione
consiste – quando si può, bisogna dare l'esempio
insieme alla regola – nell'interrompere una
frase per appiccicarne un'altra in mezzo.
Costoro, però, lo fanno non soltanto per
pigrizia, ma anche per imbecillità, in
quanto credono che ciò sia un'amabile
légèreté che ravviva l'esposizione.


pag.126

La penna è per il pensare quel che
il bastone è per il camminare; ma
l'incedere più agile è quello senza
l'aiuto del bastone e il pensare più
perfetto si compie senza penna.
Soltanto quando cominciamo a invecchiare
ci serviamo volentieri del bastone e
della penna.


pag.126

Non si può servire due padroni: o
si serve la ragione o la Scrittura …
Si tratta o di credere o di filosofare.


pag.126

Il sesso femminile, di statura bassa,
di spalle strette, di fianchi larghi e
di gambe corte, potè essere chiamato il
bel sesso soltanto dall'intelletto
maschile obnubilato dall'istinto sessuale:
in quell'istinto, cioè, risiede tutta
la bellezza femminile.


pag.127

Non v'è rosa senza spine.
Ma vi sono parecchie spine senza rose!


pag.128

Negli Stati Uniti dell'America
del Nord noi vediamo il tentativo …
di far prevalere il diritto non contaminato,
puro, astratto. Solo che il risultato non
è allettante: infatti, nonostante la
prosperità materiale del paese, vi troviamo
come mentalità dominante il basso utilitarismo,
accompagnato dalla sua immancabile socia:
l'ignoranza, la quale, a sua volta, ha
aperto la strada alla stupida bigotteria
anglicana, alla stolta presunzione, alla
rozzezza brutale, unita a una stolida
venerazione per le donne. Ma all'ordine
del giorno vi si trovano cose anche peggiori:
la schiavitù dei negri che grida vendetta al
cielo, unita a una crudeltà estrema contro
gli schiavi; la più ingiusta oppressione
dei negri liberi; la lynch law;
l'assissinio frequente e spesso impunito;
duelli di brutalità inaudita e, talvolta,
l'aperta derisione del diritto e delle
leggi … una oclocrazia in continua crescita;
infine l'influsso estremamente corruttore
che le ricordate violazioni della legalità
commesse nelle sfere superiori esercitano
di necessità sulla moralità privata.


pag.129

L'unico fine dello Stato è di proteggere
i singoli individui l'uno dall'altro e
tutti insieme dai nemici esterni. Alcuni
filosofastri tedeschi di quest'epoca
venale vorrebbero trasformarlo in un
organismo di educazione e di edificazione
morale: qui sta in agguato, sullo sfondo,
la mira gesuitica di sopprimere la libertà
personale e lo sviluppo individuale dei
singoli per farli diventare la ruota di
una macchina politico-religiosa alla
cinese.
Ma questa è la via che altre volte
ha condotto all'Inquisizione, agli
autodafè e alle guerre di religione …
Ancor oggi e ovunque (l'eccezione
dell'America settentrionale è più
apparente che reale) vediamo che
lo Stato si preoccupa anche dei
bisogni metafisici dei suoi membri.


pag.130

In ultima analisi la necessità dello
Stato si fonda sulla riconosciuta
iniquità del genere umano: senza di
questa non si sarebbe pensato allo
Stato, poiché nessuno avrebbe da temere
per i suoi diritti … Da questo punto di
vista emergono chiaramente la grettezza e
la superficialità dei filosofastri che
con le loro frasi pompose presentano
lo Stato come lo scopo supremo e il
fiore dell'esistenza umana,
fornendoci così l'apoteosi del filisteismo.


pag.131

Io credo che lo studio della grammatica
latina e greca dal sesto al dodicesimo
anno di età getti le basi per l'ottusità
che si manifesta in seguito nella maggior
parte dei dotti.


pag.131

La poligamia avrebbe tra i molti vantaggi
anche quello che l'uomo non verrebbe ad
avere un legame così stretto con i propri
suoceri, il terrore dei quali impedisce
ora innumerevoli matrimoni.
Epperò: dieci suocere invece di una!


pag.132

Depongo qui, nel caso morissi,
la mia confessione: disprezzo
la nazione tedesca per la sua
pomposa stupidità e mi
vergogno di appartenervi.


pag.132

E' un difetto costitutivo dei
tedeschi cercare nelle nuvole
quello che hanno ai loro piedi.
Quando si pronuncia dinanzi a
loro la parola idea, che a un
francese o a un inglese dà un
senso chiaro e preciso, si
direbbe che salgano nel pallone.


pag.132

Il vero carattere nazionale
dei tedeschi è la pesantezza:
essa risalta nel loro modo di
camminare, nel loro modo di agire,
nella loro lingua, nei loro discorsi
e racconti, nel loro modo di
intendere e di pensare, ma in
maniera del tutto particolare
risalta nel loro stile letterario,
nel piacere che essi traggono da
periodi prolissi e intricati, a
causa dei quali la memoria deve
per cinque minuti applicarsi a
imparare con pazienza la lezione
che le è imposta, finchè da ultimo,
alla conclusione del periodo,
l'intelletto tira le fila e gli
enigmi sono risolti. Di tutto ciò
si compiacciono, e se è possibile
anche far mostra di preziosismi,
parole altisonanti e di affettata
"semnotes" [in greco nel testo:
dignità stilistica], l'autore ci
sguazza dentro: ma il cielo dia
ai suoi lettori la pazienza di leggerlo.


pag.132

Il tempo è ciò in grazia del quale
ogni cosa, in ogni momento, diventa
nulla nelle nostre mani; per cui
perde ogni vero valore.


pag.132

L'essere umano non vive, come l'animale,
soltanto nell'attimo presente,
ma prende in considerazione, riflettendoci,
il passato e il futuro; di qui deriva la
sua preveggenza, la sua preoccupazione
e un senso frequente di angoscia. La donna,
in conseguenza della sua più debole ragione,
partecipa meno dei vantaggi e degli svantaggi
di ciò; essa rivela, piuttosto, una certa
miopia intellettuale, perchè il suo
intelletto intuitivo vede distintamente
le cose vicine, ma ha per contro un
orizzonte ristretto, nel quale non cadono
le cose lontane; appunto perciò tutto
quello che è assente, passato, futuro
agisce assai meno sulle donne che
sugli uomini. Da qui deriva anche
la tendenza, molto più frequente
nelle donne, allo spreco, che in esse
raggiunge a volte la dissennatezza …
Per quanto gli svantaggi di questa
situazione siano numerosi, essa ha, tuttavia,
un lato buono: la donna si immedesima più
di noi nel presente, e quindi sa goderlo
meglio, purchè sia tollerabile; da ciò dipende
quella particolare serenità della donna che
la rende adatta a dispensare piacevoli ore di
riposo all'uomo oberato da preoccupazioni.


pag.134

Il medico vede l'uomo in tutta la sua debolezza;
il giurista in tutta la sua malvagità; il
teologo in tutta la sua stupidità.


pag.134

Teologia e filosofia sono come due
piatti di una bilancia. Quanto più
si abbassa l'uno, tanto più si alza
l'altro. Quanto più nel nostro tempo
cresce la miscredenza, tanto più
grande diventa il bisogno di filosofia,
di metafisica; e allora devono venire da me.


pag.135

Ogni traduzione rimane un'opera morta e
il suo stile è forzato, rigido, non naturale:
oppure diventa una traduzione libera, vale a
dire si contenta di un à peu près e, dunque,
è falsa. Una biblioteca di traduzioni
somiglia a una pinacoteca di copie.


pag.135

La vita da nomadi, che indica il grado
più basso della civiltà, si ritrova al
grado più alto nella generalizzata vita
da turisti. La prima fu causata dalla
necessità, la seconda dalla noia.


pag.135

Scrivono il loro nome in luoghi
che sono meta di visitatori: è un modo di reagire,
di lasciare una traccia sulla
località che non ne ha lasciata alcuna in loro.


pag.138

Un gruppo di porcospini, in una fredda
giornata d'inverno, si strinsero vicini
vicini, per proteggersi con il loro calore
dal rimanere assiderati.
Ben presto, però, sentirono le spine
reciproche; il dolore li costrinse ad
allontanarsi di nuovo l'uno dall'altro.
Quando poi il bisogno di riscaldarsi li
portò ancora a stare insieme, si ripetè
quell'altro malanno; di modo che venivano
sballottati avanti e indietro fra i due mali,
finchè non ebbero trovato una moderata
distanza reciproca, che rappresentava
per loro la posizione migliore. Così
il bisogno di società, che scaturisce
dal vuoto e dalla monotonia della propria
interiorità, spinge gli uomini l'uno
verso l'altro; le loro molteplici
repellenti qualità e i loro insopportabili
difetti, però, li respingono di nuovo
l'uno lontano dall'altro. La distanza media,
che essi riescono finalmente a trovare e
grazie è possibile una coesistenza, sta
nella cortesia e nelle buone maniere.
A colui che non mantiene quella distanza
in Inghilterra si dice: keep your distance!
Con essa il bisogno del calore reciproco
viene soddisfatto in modo incompleto,
in compenso però non si soffre delle
spine altrui. Ma chi possiede molto calore
interno preferisce rinunciare alla società,
per non dare né ricevere sensazioni sgradevoli.


pag.140

Nel mondo esiste un unico essere menzognero:
l'uomo. Ogni altro essere è autentico e sincero
perchè si fa vedere schiettamente qual è,
manifestandosi così come si sente.
Un'espressione emblematica o allegorica
di questa differenza fondamentale è il
fatto che tutti gli animali vanno in
giro nel loro aspetto naturale, e ciò
contribuisce assai all'impressione
piacevole della loro vista, che ogni
volta, specie se si tratta di animali
liberi, mi riempie il cuore di gioia;
l'essere umano invece, a causa del suo
abbigliamento, è diventato una caricatura,
un mostro, la cui vista è ripugnante già
per questo fatto, che è poi sottolineato
perfino dal colore bianco e per lui innaturale
della pelle e dalle disgustose conseguenze del
suo nutrimento a base di carne, che è contro
natura, nonché delle bevande alcoliche, del
tabacco, degli stravizi e delle malattie.
L'essere umano appare come una macchia
ignominiosa nella natura!
Come il nostro corpo è vestito di abiti,
così il nostro spirito lo è di menzogne.
I nostri discorsi, le nostre azioni, tutto
il nostro essere sono menzogneri, e solo
attraverso questo velo si può talvolta indovinare
il nostro vero sentire, come attraverso gli abiti
si indovina la figura del corpo.


pag.141

Quando cercai di descrivere con un solo
tratto la grandezza dell'egoismo e di
ricorrere a un'iperbole molto espressiva,
alla fine mi fermai a questa: molti
sarebbero capaci di uccidere una persona
soltanto per ungere col suo grasso le
proprie scarpe. Ma uno scrupolo mi è rimasto:
si tratta davvero di un iperbole?


pag.141

Il numero dei trappisti regolari
è certamente piccolo, mentre la metà
dell'umanità è fatta di trappisti involontari:
povertà, obbedienza, privazione di tutti i
piaceri, anzi dei sollievi più necessari, e
spesso anche castità coatta o determinata
dalla privazione, sono la loro sorte.


pag.143

La verginità è bella non perchè è un
digiuno, ma perchè è la saggezza, vale a
dire perchè sventa le insidie della natura.


pag.143

La vita è come una bolla di sapone,
che manteniamo e soffiamo per quanto
è possibile, ma con la ferma certezza
che scoppierà.


pag.144

La vita è una continua
lotta per l'esistenza,
con la certezza della sconfitta finale.


pag.144

La vita è un mare pieno di
scogli e di vortici, che
l'uomo evita con la massima
cautela e cura, benchè sappia che,
quand'anche riesca con ogni sforzo
e arte a scamparne, per ciò stesso
con ogni passo si avvicina, e anzi punta
direttamente sopra, al più grande, al totale,
all'inevitabile e irreparabile naufragio, la morte:
è questa la meta finale della faticosa traversata
e per lui peggiore di tutti gli scogli cui sfuggì.


pag.144

La vita di ogni individuo, se la si guarda
nel suo complesso mettendone in rilievo solo
i tratti più significativi, è in realta sempre
una tragedia; ma, esaminata nei particolari,
ha il carattere della commedia.


pag.147

L'istinto sessuale è il nucleo della
volontà di vivere, quindi la concentrazione
di ogni volere: per questo ho definito
i genitali il punto focale della volontà.

Candido di Leonardo Sciascia

Finito di leggere il 30 agosto 2009

Candido ovvero Un sogno fatto in Sicilia

di Leonardo Sciascia

edito da Einaudi, pagg.145, maggio 1977

Commento: bellissimo; scoprire uno Sciascia umorista è stato piacevole; lettura consigliatissima; nella nota dell'autore, Sciascia sostiene di essersi ispirato all'omonima opera di Voltaire (citando una considerazione di Montesquieu) ma credo che altri si siano ispirati a Sciascia, senza però raggiungerlo (anche se con grande successo di vendite!)

venerdì 28 agosto 2009

Allenamento

27 agosto 2009

Allenamento lento

Orario: 18,25 – 19,55

Clima: asciutto, parzialmente soleggiato, caldo
 
Tempo: 1 h 23 mm 56 ss

Percorso: Palme, Favorita, discesa di Mondello, Valdesi, circolo Lauria, stabilimento Charleston, Valdesi, salita di Mondello, Favorita, Palme
 
Consumo energetico: 1154 kcal

Frequenza cardiaca media: 144 bpm

Frequenza cardiaca picco max: 162 bpm (00 mm  23 ss)

Note: ancora una fatica tremenda!

giovedì 27 agosto 2009

Il muro di Jean-Paul Sartre

Finito di leggere il 26 agosto 2009

Il muro

di Jean-Paul Sartre

edito da Einaudi, pagg.254, settembre 1957

Commento: non ricordo di aver mai letto qualcosa di Sartre, è stato un piacere, esistono ancora autori in grado di scrivere con questa facilità di argomenti di questo spessore? Meno male che esiste questo patrimonio di memoria destinato a superare la contemporaneità dell'autore.

Allenamento

26 agosto 2009

Allenamento lento

Orario: 18,35 – 20,10

Clima: asciutto, parzialmente soleggiato, caldo
 
Tempo: 1 h 23 mm 34 ss

Percorso: Palme, Favorita, discesa di Mondello, Valdesi, circolo Lauria, stabilimento Charleston, Valdesi, salita di Mondello, Favorita, Palme
 
Consumo energetico: 1050 kcal

Frequenza cardiaca media: 136 bpm

Frequenza cardiaca picco max: 152 bpm (00 mm  00 ss)

Note: una fatica tremenda!

mercoledì 26 agosto 2009

Da Nova, Il Sole-24 Ore

6 gosto 2009

Se fossi un medico, prescriverei una vacanza
a ogni paziente che mi dicesse che il suo
lavoro è molto importante. (Bertrand Russell, filosofo, 1872-1970)

Allenamento

25 agosto 2009

Allenamento lento

Orario: 18,25 – 19,50

Clima: asciutto, parzialmente soleggiato, caldo
 
Tempo: 1 h 19 mm 10 ss

Percorso: Palme, Favorita, discesa di Mondello, Valdesi, stabilimento Charleston, Valdesi, salita di Mondello, Favorita, Palme
 
Consumo energetico: 1047 kcal

Frequenza cardiaca media: 140 bpm

Frequenza cardiaca picco max: 169 bpm (6 mm  44 ss)

Note:già che sono riuscito a correre anche oggi dopo la stirata di ieri è un buon segno; ho corso con Sergio L.;

martedì 25 agosto 2009

Buona idea! Esercizi per il pensiero creativo, Edward De Bono

 

Finito di rileggere il 17 agosto 2009


Buona idea! Esercizi per il pensiero creativo


di Edward De Bono


traduzione di Gabriele Lo Iacono


edito da Erickson, pagg.120, marzo 2008


Commento: è un libro di esercizi, può servire come gioco di società, lo proporrò alle mie figlie.


Citazioni:


pag.7

La creatività è l'abilità più importante necessaria per avere successo. Senza creatività restano soltanto la ripetizione e la routine, due cose molto preziose che costituiscono la maggior parte del nostro comportamento, ma per cambiare, per migliorare e per trovare nuove vie la creatività è necessaria.


pag.11

La scuola sottovaluta clamorosamente l'importanza della "possibilità". Duemila anni fa la Cina era molto più avanti dell'Occidente in campo scientifico e tecnologico: i cinesi avevano razzi e polvere da sparo. Se la Cina avesse mantenuto lo stesso ritmo di progresso, oggi sarebbe potuta tranquillamente essere la massima potenza al mondo. Cosa è successo? Che cosa ha arrestato lo sviluppo?

Gli studiosi cinesi hanno cominciato a credere che si potesse procedere unicamente sulla base dei fatti, per cui non hanno mai sviluppato la complessa questione della possibilità (ovvero delle ipotesi, ecc.). Di conseguenza, il progresso è arrivato a un punto morto.


pag.12

L'ulcera peptica (gastrica o duodenale) è una grave malattia che colpisce molte persone. Per oltre vent'anni i malati sono stati curati con farmaci antiacidi o con interventi chirurgici massicci con i quali veniva rimossa parte dello stomaco o l'intero organo. Negli ospedali un gran numero di letti è stato occupato da pazienti sottoposti a procedure diagnostiche o terapeutiche; centinaia di persone hanno lavorato allo studio di questa malattia.

Poi un giovane medico di Perth, in Australia, di nome Barry J.Marshall, ha suggerito la possibilità che l'ulcera peptica fosse un'infezione. Tutti si sono messi a ridere perchè l'acido cloridrico nello stomaco avrebbe sicuramente ucciso qualunque batterio e nessuno ha preso sul serio questa possibilità. Molti, molti anni dopo è venuto fuori che quel giovane medico aveva ragione: anziché assumere antiacidi per vent'anni e perdere parte dello stomaco, se non tutto, adesso i malati prendono semplicemente degli antibiotici per una settimana!

La possibilità è importante. E la possibilità è la chiave della creatività.


Contiene frutta secca, Umberto Domina

 

Finito di rileggere il 23 agosto 2009


Contiene frutta secca


di Umberto Domina


Edito da Rusconi – Gli Umorlibri, pagg.215, maggio 1977


Commenti: lo avevo letto una prima volta molti anni fa; ricordavo che mi era piaciuto e il ricordo è stato confermato. Una piacevole e leggera lettura.


I pugnalatori, Leonardo Sciascia

 

Finito di leggere il 21 agosto 2009


I pugnalatori


di Leonardo Sciascia


edito da Einaudi, pagg.95, maggio 1976


Commento: lettura facile, senza particolari emozioni

L'affaire Moro, Leonardo Sciascia

 

Finito di leggere il 21 agosto 2009


L'affaire Moro


di Leonardo Sciascia


edito da Sellerio editore, pagg.146, ottobre 1978


Commento: ho letto poco di Sciascia e la lettura di questo libro è un invito a colmare una lacuna. L'analisi che Sciascia fa dell' "affaire Moro" è lucidissima e al di là delle proprie convinzioni politiche fa riflettere sulla tragicità del dover scegliere. Leggere questo libro 30 anni dopo i fatti successi da inoltre una visuale particolare sullo spessore dei personaggi citati e protagonisti di quei giorni. Stimolanti i passaggi in cui la lettura dei fatti viene interpretata con la cultura della sicilitudine. Forse è per questo che non amo gli scrittori siciliani ma mi devo rendere conto che non si discostano da una lettura della nostra realtà, che forse non è soltanto nostra. Lettura consigliata.


Citazioni:


pag.103

E come fa l'esegeta di Agostino a non saper quanto è difficile, addirittura impossibile, conoscere un uomo; quanto arrogante – senza amore, senza carità - il voler apporre certificazione e giudizio a quel che era e a quel che non è più, a come era e a come è?

"Io ritengo giustissima quella legge dell'amicizia secondo la quale non si deve amare l'amico né più né meno di quanto noi stessi ci amiamo. Ora se anch'io sono sconosciuto a me stesso, non gli faccio davvero torto dicendo che lui è a me sconosciuto; tanto più che, come credo, neppure lui si conosce". O, travalicando la legge che Agostino accetta, il cardinale ha amato Moro più di sé stesso e quindi più di sé stesso ha conosciuto il Moro di prima?

Non lo ha conosciuto per nulla. E, quel che è peggio, ora rifiuta di avvicinarsi a conoscerlo: ora che come non mai dovrebbe conoscerlo, riconoscerlo, non abbandonarlo, non lasciarlo "uomo solo" di fronte alla morte, la tremenda morte che gli viene da altri uomini.


pag.126

Forse ancora oggi il giovane brigatista crede di credere si possa vivere nell'odio e contro la pietà: ma quel giorno, in quell'adempimento, la pietà è penetrata in lui come il tradimento di una fortezza. E spero che lo devasti.


pag.127

Precisione, puntualità ed efficienza sono dalla generalità degli italiani considerate qualità a loro estranee o, a voler salvare qualcosa, allogene. Di un istituto che non funziona, di un ospedale in cui si è maltrattati o in cui non c'è posto, di un treno che ritarda, di un aereo che non parte, di una lettera che non arriva, di una festa che non riesce, il suggello è sempre l'esclamazione : "Cose nostre!". Eppure, c'è almeno una cosa nostra che funziona: ed è appunto quella che ormai antonomasticamente è "cosa nostra". E d'accordo che non c'è da menarne vanto e che per questa "cosa nostra" che funziona si può anche elevare a grido di disperazione l'esclamazione "cose nostre!" su quelle che non funzionano; ma tant'è che funziona e che dunque non per natura o maledizione siamo destinati all'imprecisione, all'impuntualità, all'inefficienza.

pag.129

Atteggiamento che si può anche disapprovare, non poggiando su dati di fatto; ma che trova giustificazione in quel districo di Trilussa che dice la gente non fidarsi della campana poiché conosce quello che la suona.


pag.138

"Ho già detto che si tratta di un romanzo poliziesco... A distanza di sette anni, mi è impossibile recuperare i dettagli dell'azione; ma eccone il piano generale, quale l'impoveriscono (quale lo purificano) le lacune della mia memoria. C'è un indecifrabile assassinio nelle pagine iniziali, una lenta discussione nelle intermedie, una soluzione nelle ultime. Poi, risolto ormai l'enigma, c'è un paragrafo vasto e retrospettivo che contiene questa frase: "Tutti credettero che l'incontro dei due giocatori di scacchi fosse stato casuale" . Questa frase lascia capire che la soluzione è sbagliata. Il lettore, inquieto, rivede i capitoli sospetti e scopre un'altra soluzione, la vera".

(J. L. Borges, Ficciones)


pag.146

9 maggio

Nel bagagliaio di una Renault 4 – rossa secondo il brigatista che en ha dato la comunicazione, amaranto secondo i giornali – viene trovato il corpo di Aldo Moro.

La famiglia diffonde questo comunicato: "La famiglia desidera che sia pienamente rispettata dalle autorità di stato e di partito la precisa volontà di Aldo Moro. Ciò vuol dire: nessuna manifestazione pubblica o cerimonia o discorso; nessun lutto nazionale, né funerali di stato o medaglia alla memoria. La famiglia si chiude nel silenzio e chiede silenzio. Sula vita e sulla morte di Aldo Moro giudicherà la storia".


10 maggio

A Torrita Tiberina, i funerali in forma privata. Moro viene seppellito in quel cimitero.


13 maggio

Rito funebre nella basilica di San Giovanni in Laterano. Presiede Paolo VI, celebra il cardinal Poletti (quello in cui Moro sperava, ma non molto, per una rettifica della "enormità"). Tutti gli uomini del potere sono presenti. Mancano la moglie e i figli di Aldo Moro. Il papa dice: "Tu, o Signore, non hai esaudito la nostra supplica".


Le trappole della mente, Andrè Kukla

 

Finito di leggere per la seconda volta il 16 agosto 2009


Le trappole della mente

Guida agli stupidi errori che ci rovinano la vita


di Andrè Kukla


edito da Ponte alle Grazie, pagg.200, gennaio 2008


Commento: ho voluto rileggerlo per verificarne il contenuto; pochi concetti in troppe pagine. L'analisi è interessante ma le soluzioni proposte sembrano deboli e poco praticabili.


Citazioni:


pag.73

Un antico proverbio greco recitava: "Prima della morte non chiamare nessuno felice".


pag.83

Secondo Benjamin Franklin è doveroso anticipare tutto ciò che può essere umanamente anticipato: "Non rimandare a domani ciò che puoi fare oggi" (l'autore del libro non sembra d'accordo su questo consiglio!)


pag.135

Festina lente [Affrettati con calma]


Opere della stessa casa editrice da consultare:


Come smettere di farsi le seghe mentali e godersi la vita

di Giulio Cesare Giacobbe


Indovina chi viene a letto? Il mondo segreto delle fantasie sessuali

di Brett Kahr


Cavalcare la propria tigre.

Gli stratagemmi nelle arti marziali ovvero come risolvere problemi difficili attraverso soluzioni semplici

di Giorgio Nardone


L'arte di farsi rispettare, Arthur Schopenhauer

 

Finito di leggere per la seconda volta il 15 agosto 2009


L'arte di farsi rispettare


di Arthur Schopenhauer

a cura e con un saggio di Franco Volpi, traduzione di Giovanni Gurisatti


edito da Adelphi, Piccola Biblioteca, pagg.89, gennaio 2002


Commento: non sempre si può essere d'accordo con Schopenhauer ma la lettura di questi suoi "trattatelli" è un invito a conoscerlo meglio.


Citazioni:


pag.27

Lo bueno, si breve, dos vezes bueno;

y aùn lo malo, si poco, no tan malo:

màs obran quintas esencias, que fàrragos


Baltasar Graciàn


[Quel che è buono, se è breve, diventa buono il doppio;

e perfino il male, se è poco, pare minore: fanno più effetto le quintessenze che le farragini]


pag.27

Sul piano della teoria ci si spinge a dire che "l'onore vale più della vita", ma ciò può essere vero solo come è vero quel che Shylock dice del suo denaro: "Che m'importa che mi regali la vita, se mi togli i mezzi con cui conservarla" (William Shakespeare, Il Mercante di Venezia")


pag.34

bonne renommée vaut mieux que ceinture dorée [Una buona reputazione vale più di una cintura dorata]


pag.35

Las cosas no pasan per lo che son, sino per lo che parecen. [Baltasar Graciàn – Le cose non si considerano per quel che sono, ma per quel che appaiono]


pag.36

A questo proposito Seneca si è espresso in termini così incomparabilmente belli che non posso evitare di riportarne qui il passo: Epistulae, 79: "La gloria è l'ombra della virtù e l'accompagnerà sempre, anche se questa non vuole. Ma come l'ombra ora precede, ora segue i corpi, così la gloria talvolta si mostra visibile davanti a noi, talaltra ci viene dietro; ed è tanto più grande quanto più tardi arriva, una volta scomparsa l'invidia. Per quanto tempo Democrito fu preso per pazzo! Con quanta fatica la fama raggiunse Socrate! Quanto a lungo i concittadini ignorarono Catone! Lo respinsero e non lo compresero se non quando lo ebbero perduto. Se Rutilio non avesse sofferto l'ingiusta condanna, la sua onestà e la sua virtù sarebbero rimaste nascoste: esse rifulsero nell'oltraggio. Forse non fu grato alla sua sorte, abbracciando l'esilio? Parlo di quelli resi famosi dalla fortuna mentre ne erano perseguitati; ma quanti ebbero il riconoscimento dei loro meriti solo dopo la morte? Quanti ce ne sono che la fama trasse fuori da una lunga dimenticanza? … Nessuna virtù rimane a lungo nascosta, né le reca danno l'essere stata nascosta: verrà il giorno che sarà tratta in luce dall'oblio in cui l'aveva cacciata l'invidia dei contemporanei. Chi pensa agli uomini della sua generazione non vivrà per i posteri. Seguiranno migliaia e migliaia di anni, migliaia e migliaia di uomini: a questi devi guardare. Anche se l'invidia avrà imposto a tutti i tuoi contemporanei il silenzio su di te, verranno i posteri a giudicarti con animo sereno, senza avversioni né simpatie. Se dalla fama viene alla virtù un qualche premio, neppure questo va perduto. Non ci toccherà – è vero – quello che diranno di noi i posteri; tuttavia non cesseranno di onorarci, anche se non potremo sentire. A ciascuno di noi la virtù darà la sua ricompensa o in vita o dopo la morte, purchè la seguiamo con sincerità, e non ce ne serviamo come ornamento esteriore, ma rimaniamo sempre gli stessi , sia che sappiamo di essere guardati, sia che siamo presi alla sprovvista. Non giova la simulazione. Un volto imbellettato non fa effetto che a pochi. La verità è sempre la medesima in ogni sua parte. Le false sembianze non hanno alcuna consistenza: attraverso il velo sottile della menzogna, agli occhi di un attento osservatore traspare la verità." (Seneca, Lettere a Lucilio, IX, 79, 13)


pag.42

Dice Shakespeare:

Good name in man and woman, dear my lord,

Is the immediate jewel of their souls.

Who steals my purse steals trash; 'tis something nothing;

'T was mine, 'tis his, and has been slave to thousands.

But he that filches from me my good name

Robs me of that which not enriches him.

(William Shakespeare. Otello, III, 3)

[Il buon nome, mio caro signore, sia per l'uomo che per la donna /

è il gioiello immediato delle loro anime. /

Se uno mi ruba la borsa, ruba dei soldi; è qualcosa e non è nulla; /

erano miei, ora son suoi, come già furono di mille altri. /

Ma chi mi truffa il buon nome, /

mi porta via qualcosa e non arricchisce lui e fa di me un miserabile]


pag.43

L'honneur est comme une isle escarpée e sans bords:

On n'y peut plus rentrer dès qu'on en est dehors.

(Boileau, Satires,10)

[L'onore (della donna) è come un'isola dirupata e senza approdi. /

Quando la si è lasciata, non si può più farvi ritorno]


pag.57

Il principio dell'onore e del coraggio consiste propriamente nel considerare piccoli i mali più grandi, se sono causati dal destino, e invece grandi anche i più piccoli, se sono causati dagli uomini. Si deve restare indifferenti alla perdita di denaro, di beni, di membra del corpo, e non si deve battere ciglio nemmeno di fronte al più grande dolore, finchè tutto ciò è opera del caso, della natura o di animali; ma si deve considerare come summum malum una parola pesante, o addirittura un colpo, e non darsi pace fino a quando non li si sia vendicati con l'uccisione. Quelle bamboches! (A.Schopenhauer, Der handschriftliche Nachla(B), vol.III, p.224)


pag.61

ut quisque contemtissimus e ludibrio est, ita solutissimae linguae est ["uno ha la lingua tanto più sciolta, quanto più è disprezzato e messo lui stesso in ludibrio", citato liberamente da Seneca, Della costanza del saggio, 11, 3]


pag.71

Quanto perfino i loro più grando eroi fossero ignari del terribile significato del colpo è dimostrato inoltre da ciò che Plutarco narra di Temistocle: durante un consiglio di guerra questi si trovò in disaccordo con Euribiade, il comandante della flotta, circa le misure da prendere, e la mordace contesa verbale fra i due si scaldò a tal punto che Euribiade alzò il bastone per colpire Temistocle, il quale non accennò nemmeno a metter mano alla spada bensì disse: "Bastonami pure, ma stammi a sentire". Invano il lettore "d'onore" si attende a questo punto di apprendere da Plutarco che, in seguito a tale fatto, nessun ufficiale volesse più servire sotto Temistocle: a nessuno venne in mente un'idea simile.


pag.72

E che cosa non facevano i filosofi in quei tempi senza onore! Quando un tale assestò un calcio a Socrate perchè non gradiva il suo moraleggiare, questo lo sopportò pazientemente, e a chi se ne stupiva disse: "Se mi avesse scalciato un asino, lo avrei forse trascinato in giudizio?" (Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, II, 5, 21).

E allorchè uno disse a Socrate: "Non ti pare che quel tale ti insulti e ti oltraggi?", la sua risposta fu: "No, le cose che dice non mi toccano" (Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, II, 5, 36)


pag.73

Cratete aveva irritato con le sue frecciate il musico Nicodromo, che gli assestò un tale ceffone da fargli tumefare e sanguinare il viso; egli fissò allora sulla propria fronte, sopra la guancia colpita, una tavoletta su cui era scritto: Nicodromos fecit (Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, VI, 5, 89), esattamente come accanto alle opere d'arte si indica il nome dell'autore; e se ne andò in giro così, in modo che ognuno potesse vedere l'infamia del musico che aveva commesso una simile brutalità contro un uomo che (secondo l'espressione di Apuleio, Florida, 4) era venerato come un semidio, un lar familiaris.


pag.73

Altrattanto fece Diogene quando venne percosso da alcuni giovani essendosi presentato mal rasato al loro banchetto. Su questo fatto ci è pervenuta anche una lettera di suo pugno indirizzata a Melesippo nella quale si legge: "Sento che ti rattristi perchè i figli ubriachi degli Ateniesi mi hanno bastonato, e te la prendi a cuore come se fosse stata maltrattata la saggezza. Ma sappi che, se è vero che il corpo di Diogene è stato percosso da ubriachi, la sua virtù non ne è stata oltraggiata, poiché da gente spregevole non i può essere né onorati né oltraggiati".


pag.84

On peu assez longtemps chez notre espèce,

Fermer la porte à la raison.

Mais dès qu'elle entre avec adresse,

Elle reste dans la maison,

Et bientot elle en est maitresse.

(Voltaire, lettera a Saurin del 10 novembre 1770)

[Si può per lungo tempo, nella nostra specie, /

sbarrare la porta alla ragione. /

Ma non appena entra in casa con destrezza, /

più non ne esce, /

e presto la fa da padrona.]


pag.88

Insomma, per quanto si riferisce a oltraggi e insulti, siano essi gesti o parole, ritengo che possano senza dubbio irritare e infastidire un uomo ragionevole, ma che non ne tocchino affatto l'onore: giacchè esso consiste nell'opinione che si ha di lui, la quale non può essere alterata da cose che gli capitino dall'esterno, se non nel caso di individui di estrema imbecillità, la cui opinione non conta nulla.

Un uomo ragionevole può dunque senz'altro dar sfogo alla sua irritazione e al suo fastidio con una reazione adeguata alla cosa, ma ciò va piuttosto tollerato come debolezza umana che da lui preteso come un dovere verso il suo onore. Pertanto, se egli pensa invece abbastanza nobilmente da soprassedervi del tutto, il suo onore, anziché soffrirne, non potrà non trarne addirittura vantaggio.


I numeri della sabbia, Roger R.Talbot

 
Finito di leggere 13 agosto 2009
I numeri della sabbia

di Roger R.Talbot

edito da Sperling & Kupfer, pagg.436, ottobre 2008

Commento: il filone religioso sembra destare l'interesse degli scrittori che trovano nelle sacre scritture materiale in abbondanza. La storia è intrigante ma non mi convince, troppi personaggi, troppre trovate, qualche strafalcione (a un certo punto per comprendere il significato di un passo dell'Apocalisse la protagonista ritiene necessario accedere al testo originale in greco salvo poi l'autore continuare a riportare il testo in latino!). Più che un romanzo sembra la sceneggiatura di un film: più azione e meno introspezione dei personaggi. A parte alcuni dettagli tecnici sulla biometria e un paio di citazioni il non leggerlo non rappresenterà una lacuna.


Le campane di Bicetre, Georges Simenon

 
Finito di leggere 10 agosto 2009
Le campane di Bicetre

di Georges Simenon

edito da Adelphi, pagg.261, gennaio 2009


Commento: sulle prime mi è sembrato un po' palloso, ma la prosa di Simenon poi ti prende e alla fine anche su un argomento così poco romanzesco il libro ti prende. La storia è quella di un personaggio influente che colpito da emiplegia vive il periodo della malattia e della convalescenza per rimettere in discussione tutto il proprio presente e passato, ma tutto quello che gli passerà per la mente saranno comunque delle fasi ben conosciute dai suoi medici che alla fine lo riporteranno al suo mondo facendogli dimenticare le riflessioni sulle quali si era concentrato nei giorni più cupi della malattia. Da leggere. Ho scoperto che già qualche decina di anni fa per Einaudi questo romanzo era stato pubblicato sotto il titolo L'ottavo giorno.


L'arte di essere felici, A.Schopenhauer

8 agosto 2009

Letto per la seconda volta

L'arte di essere felici, esposta in 50 massime

di Arthur Schopenhauer


a cura e con un saggio di Franco Volpi, traduzione di Giovanni Gurisatti

pagg.113, gennaio 2002

edito da Adelphi, Piccola Biblioteca

Commento: Libro consigliato.

Citazioni:

pag.30

Massima n.2

Evitare l'invidia: nunquam felix eris, dum te torquebit felicior [Giammai sarai felice finchè ti tormenterai perchè un altro è più felice, Seneca – De ira, III, 30,3]. Cum cogitaveris quot te antecedant, respice quot sequantur [Dopo aver pensato a quanti ti precedono, considera quanti ti seguono, Seneca – Lettere a Lucilio, II, 15, 10].

Niente è altrettanto implacabile e spietato dell'invidia, eppure siamo costantemente impegnati a suscitarla con tutte le nostre forze!

Pag.33

un uomo deve pure sapere ciò che vuole e sapere ciò che può: solo così mostrerà carattere, e solo allora potrà compiere qualcosa di buono.


pag.34

Velle non discitur [Il volere non si impara, Seneca – Lettere a Lucilio, X, 81, 14]


pag.40

Un uomo non si sente affatto privato dei beni ai quali non si è mai sognato di aspirare, ma è pienamente contento anche senza di essi, mentre un altro che possegga cento volte di più del primo si sente infelice quando gli manca una sola cosa da lui voluta.

pag.40

La ricchezza assomiglia all'acqua del mare; tanto più se ne beve, tanto più si ha sete. La stessa cosa vale per la gloria.


pag.47

Aequam memento rebus in arduis

Servare mentem, non secus in bonis

Ab insolenti temperatam

Laetitia

[Nei momenti difficili ricordati di conservare l'imperturbabilità, e in quelli favorevoli un cuore assennato che domini la gioia eccessiva, Orazio – Odi, II,3]


pag.48

Sed, dum abest quod avemus, id exsuperare videtur

Caetera; post aliud, cum contigit illud, avemus;

Et sitis aequa tenet vitai semper hiantes.

[Ma, finchè è lontano, ciò che desideriamo ci sembra superare ogni altra cosa; poi, quando quello ci è dato, aneliamo ad altro ancora, e un'eguale sete di vita perennemente ci affanna, Lucrezio – De rerum natura, III, vv.1082-84]


pag.49

Massima n.6

Fare di buon grado ciò che si può, e sopportare altrettanto di buon grado ciò che si deve. ["Non viviamo infatti come vogliamo, ma come possiamo", Gnomici poetae Graeci – Fleischer, Lipsiae, 1817, p.30.]


pag.50

Massima n.9

L'uomo saggio non persegue ciò che è piacevole, ma l'assenza di dolore.


Pag.50

Massima n.10

Subjice te rationii si tibi subjicere vis omnia [Se vuoi assoggettare ogni cosa, assoggettati alla ragione, Seneca – Lettere a Lucilio, IV, 37, 4]


pag.50

Massima n.11

Una volta che è capitata una sventura e non ci si può fare più nulla, non concedersi nemmeno il pensiero che le cose potrebbero andare diversamente, come fece re Davide e come fanno gli elefanti catturati.

Noi rassomigliamo agli elefanti catturati, che per molti giorni orribilmente strepitano e lottano, finchè non vedono che ciò è inutile, e allora, improvvisamente ammansiti, offrono il collo al giogo, domati per sempre. Siamo come il re Davide, il quale, fintanto che il figlio viveva ancora, investiva incessantemente Jehovah con preghiere e si agitava disperatamente , ma, non appena il figlio fu morto, non ci pensò più.


pag.51

Massima n.12

Non c'è cosa che giovi tanto quanto lo starsene quieti, parlando il meno possibile con gli altri, moltissimo con se stessi. C'è nel parlare qualcosa di insinuante e di blando che, come l'ebbrezza e l'amore, cava fuori i segreti. Nessuno terrà per sé quello che ha udito. Chi non sa tacere un fatto, non sa tacere neppure il nome di chi glielo ha riferito. Ognuno ha un amico a cui confidare quanto è stato confidato a lui. Così, anche se egli raffrena la sua loquacità e si contenta di parlare a una sola persona, il segreto, dopo un po', diventerà di dominio pubblico: sarà sulla bocca di tutti.


Pag.53

Massima n.15

Colui che mantiene la calma in tutte le avversità della vita mostra semplicemente di sapere quanto immensi e molteplici siano i possibili mali della vita, sicchè egli considera il male presente come una parte minima di ciò che potrebbe capitargli. Viceversa, chi è consapevole di questo fatto e ci riflette non perderà mai la calma. All's well that ends well [Tutto è bene quel che finisce bene, W.Shakespeare]


pag.60

Non manifestare grande giubilo o grande afflizione riguardo ad alcun avvenimento, poiché la mutevolezza di tutte le cose può in ogni istante trasformarlo completamente; assaporare piuttosto in ogni momento il presente nel modo più sereno possibile: questa è saggezza di vita.


pag.60

e anche perchè il nostro giudizio su ciò che ci è propizio o svantaggioso è assai ingannevole: ciascuno infatti si lamenta spesso di ciò che poi si è rivelato essere la cosa migliore per lui, e gioisce di ciò che in seguito diventa per lui fonte di sofferenza.


pag.62

Quindi: subjice te rationi si subjicere tibi vis omnia [ Se vuoi assoggettare ogni cosa, assoggettati alla ragione, Seneca – Lettere a Lucilio, IV, 37, 4]


pag.64

[ Chi vuol liberarsi da un male sa sempre quello che vuole; chi vuole invece qualcosa di meglio di quel che ha, è assolutamente cieco. - Goethe – Le affinità elettive ]


pag.65

nella vita è come nel gioco degli scacchi: in entrambi i casi facciamo, è vero, un piano, ma esso rimane assolutamente condizionato da ciò che avranno voglia di fare l'avversario negli scacchi e nella vita il destino. Le modificazioni che ne derivano sono per lo più talmente significative che in fase di realizzazione il nostro piano sarà appena riconoscibile in alcune linee fondamentali.


pag.71

Sforzarsi e lottare con ostacoli è il bisogno più essenziale della natura umana: lo stato di quiete, che sarebbe pienamente autosufficiente nel tranquillo godimento, è impossibile per l'uomo: superare ostacoli è il piacere più completo della sua esistenza; per lui non c'è nulla di meglio. Tali ostacoli possono essere di tipo materiale, come nel caso dell'agire e dell'operare, o spirituale, come nel caso dello studiare e del ricercare; la lotta contro essi e la vittoria su essi costituisce il pieno godimento dell'esistenza umana.


pag.73

Quando invece c'è la salute ogni cosa è una fonte di piacere, ed è per questo che un mendicante sano è più felice di un re malato. Non è quindi senza ragione che ci si informa sempre reciprocamente su come va la salute, non su altre cose, e ci si augura di star bene: sono questi infatti i nove decimi della felicità.


pag.78

Auream quisquis mediocritatem

diligit, tutus caret obsoleti

sordibus tecti, caret invidenda

sobris aula.

Saevius ventis agitatur ingens

pinus: et celsae graviore casu

decidunt turres: feriuntque summos

fulgura montes.


Chi predilige l'aurea moderazione, si tutela dallo squallore di una casa fatiscente come, saggiamente, dall'invidiabile fasto di un palazzo. Il giganteso pino è squassato con più furia dai venti, le alte torri crollano più pesantemente, i fulmini colpiscono le vette dei monti. (Orazio, Odi, II, 10)


pag.80

Spesso uno invidia ingiustamente l'altro per via di qualche avvenimento interessante della sua vita, mentre dovrebbe invidiarlo per la ricettività in virtù della quale tali avvenimenti appaiono così interessanti nella sua descrizione. Il medesimo avvenimento che, capitando a un genio, risulta sommamente interessante, in una testa vuota sarebbe diventato una scena insignificante tratta dal mondo quotidiano. Allo stesso modo per il melanconico è già una scena tragica ciò che per il flemmatico e il sanguigno lo è molto meno. Dovremmo quindi mirare meno al possesso di beni esteriori che al mantenimento di un temperamento sereno e felice e di un sano buonsenso, i quali dipendono in gran parte dalla salute: mens sana in corpore sano [ Sana la mente in corpo sano, Giovenale – Satire, IV, 10 ]


pag.82

Dice Chamfort: Le bonheur n'est pas chose aisèe: il est très difficile de le trouver en nous, et impossible de le trouver ailleurs [ La felicità non è cosa facile: è difficilissimo trovarla in noi e impossibile trovarla altrove – Euvres, vol. IV: Caractères et anecdotes ]


pag.82

Chi è diventato saggio sa che la felicità di un individuo dipende interamente da ciò che lui stesso è per se stesso, mentre non dipende per nulla da ciò che egli è nell'opinione altrui. (A. Schopenhauer)


pag.87

Infatti tutto ciò che accade, accade necessariamente, in quanto accade per delle cause, e queste a loro volta hanno anch'esse delle cause, sicchè tutti gli avvenimenti del mondo, i grandi come i piccoli, formano una rigorosa concatenazione di ciò che necessariamente si produce.


pag.91

I caratteri cupi e meticolosi incontreranno qualche dolore immaginario, ma meno dolori reali dei caratteri sereni e spensierati: infatti chi vede tutto nero e teme sempre il peggio non avrà modo di sbagliarsi altrettanto spesso di chi attribuisce sempre alle cose un colore e un aspetto sereni.


pag.92

Quid aeternis minorem/ Consiliis animum fatigas? [ Perchè affatichi con propositi immortali l'animo, che è tanto da meno?, Orazio – Odi, II, 11 ]


pag.93

La verità principale dell'eudemonologia rimane che tutto dipende molto meno da ciò che si ha, o da ciò che si rappresenta, che da ciò che si è.


pag.93

La personalità è la felicità più alta. [Goethe, Divano occidentale-orientale, VIII, 7 ]


pag.94

Il genio è affine alla melanconia (Aristoteles ait omnes ingeniosos melancholicos esse [ Aristotele dice che tutti gli uomini di genio sono melanconici, Cicerone – Tusculunae disputationes, I, 30, 80 ]


pag.95

La ricettività alle impressioni gradevoli e sgradevoli è estremamente diversa in uomini differenti. La stessa cosa che porta l'uno quasi alla disperazione fa ridere l'altro.


pag.95

Nature has fram'd strange fellows in her time:

Some what will evermore peep through their eyes,

And laugh, like parrots, at a bag-piper;

And others of such vinegar aspect,

That they'll not show their teeth in way of smile,

Though Nestor swear the jest be laughable.


[ La natura, da che esiste, ha formato dei curiosi esseri:

alcuni che possono, guardando attraverso i loro occhi socchiusi,

ridere sempre come pappagalli alla vista di un suonatore di zampogna,

e altri di così inacidito aspetto

che non mostrerebbero i loro denti in sogghigno,

neppure se Nestore giurasse che la facezia era da ridere. W. Shakespeare, Il mercante di Venezia ]


pag.98

Di ciò che si ha fanno parte principalmente gli amici. Ma tale possesso ha la particolarità che il possessore dev'essere nella stessa misura il possesso dell'altro.


pag.101

Ne risulta chiaramente quanto la nostra felicità dipenda da ciò che siamo, dalla nostra individualità, mentre per lo più si tiene conto solo del nostro destino e di ciò che abbiamo. Il destino può diventare migliore e la moderazione non pretende molto da esso, ma un babbeo rimane un babbeo e un ottuso gaglioffo un ottuso gaglioffo per tutta l'eternità, fosse egli in paradiso circondato da urì. La personalità è la felicità più alta.


pag.105

Ciò che fonda la differenza nella sorte dei mortali si può ricondurre a tre punti:

1 – ciò che uno è, cioè la personalità nel senso più ampio, comprendente la salute, la forza, la bellezza, il carattere morale, l'ingegno e l'educazione dell'ingegno.

2 – ciò che uno ha, cioè i suoi averi e i suoi possedimenti.

3 – ciò che uno rappresenta, cioè la reputazione, il rango e la fama, che consistono nell'opinione che gli altri hanno di lui


pag.106

Dice Epitteto: Ciò che turba gli uomini non sono le cose, ma le opinioni che essi hanno delle cose.


pag.107

Ciò che uno ha per se stesso, ciò che lo accompagna nella solitudine e che nessuno può dargli o sottrargli, è molto più essenziale di tutto ciò che possiede o di ciò che rappresenta agli occhi degli altri.


pag.107

Un uomo ricco di spirito, in perfetta solitudine, si intrattiene in modo eccellente con i suoi pensieri e le sue fantasie, mentre un uomo ottuso si annoia nonostante un continuo avvicendarsi di spettacoli, feste ed escursioni.


pag.107

Un carattere buono, moderato e mite può essere soddisfatto anche in circostanze molto misere, mentre un carattere malvagio, avido e invidioso non lo è nemmeno con ogni ricchezza possibile.


pag.108

In fondo sei quello che sei. Mettiti parrucche con milioni di riccioli, colloca il piede su coturni alti un braccio: tu resti pur sempre quello che sei. (Goethe, Faust)


pag.110

Ci si guadagna molto di più se si impiegano le proprie forze nell'educazione della propria personalità, anziché investirle nell'acquisizione di beni di fortuna. Soltanto che quest'ultima non deve venire mai trascurata al punto di condurci in miseria.


pag.110

L'educazione deve essere adatta all'individualità: molto sapere rende l'uomo comune e limitato ancora più stupido, inetto e insopportabile; viceversa, la mente fuori del comune giunge ad apprezzare la propria individualità solo mediante l'acquisizione delle conoscenze che le si confanno.


pag.110

Molti ricchi sono infelici perchè sono ignoranti, eppure di regola ciascuno si preoccupa più di acquisire che di educarsi, senza rendersi conto che ciò che si è contribuisce alla felicità molto più di ciò che si ha!


pag.113

Tam leve tam parvum est animum quod laudis avarum subruit aut reficit [ Così tenue, così piccola cosa è quella che abbatte o solleva l'animo di chi aspira a essere applaudito. Orazio – Epistole, II, 1 ]


pag.113

Alla considerazione, cioè al buon nome, debbono aspirare tutti; al rango debbono aspirare solo coloro che servono lo Stato; alla fama in senso superiore dovrebbero aspirare solo pochissimi.