martedì 25 agosto 2009

L'arte di farsi rispettare, Arthur Schopenhauer

 

Finito di leggere per la seconda volta il 15 agosto 2009


L'arte di farsi rispettare


di Arthur Schopenhauer

a cura e con un saggio di Franco Volpi, traduzione di Giovanni Gurisatti


edito da Adelphi, Piccola Biblioteca, pagg.89, gennaio 2002


Commento: non sempre si può essere d'accordo con Schopenhauer ma la lettura di questi suoi "trattatelli" è un invito a conoscerlo meglio.


Citazioni:


pag.27

Lo bueno, si breve, dos vezes bueno;

y aùn lo malo, si poco, no tan malo:

màs obran quintas esencias, que fàrragos


Baltasar Graciàn


[Quel che è buono, se è breve, diventa buono il doppio;

e perfino il male, se è poco, pare minore: fanno più effetto le quintessenze che le farragini]


pag.27

Sul piano della teoria ci si spinge a dire che "l'onore vale più della vita", ma ciò può essere vero solo come è vero quel che Shylock dice del suo denaro: "Che m'importa che mi regali la vita, se mi togli i mezzi con cui conservarla" (William Shakespeare, Il Mercante di Venezia")


pag.34

bonne renommée vaut mieux que ceinture dorée [Una buona reputazione vale più di una cintura dorata]


pag.35

Las cosas no pasan per lo che son, sino per lo che parecen. [Baltasar Graciàn – Le cose non si considerano per quel che sono, ma per quel che appaiono]


pag.36

A questo proposito Seneca si è espresso in termini così incomparabilmente belli che non posso evitare di riportarne qui il passo: Epistulae, 79: "La gloria è l'ombra della virtù e l'accompagnerà sempre, anche se questa non vuole. Ma come l'ombra ora precede, ora segue i corpi, così la gloria talvolta si mostra visibile davanti a noi, talaltra ci viene dietro; ed è tanto più grande quanto più tardi arriva, una volta scomparsa l'invidia. Per quanto tempo Democrito fu preso per pazzo! Con quanta fatica la fama raggiunse Socrate! Quanto a lungo i concittadini ignorarono Catone! Lo respinsero e non lo compresero se non quando lo ebbero perduto. Se Rutilio non avesse sofferto l'ingiusta condanna, la sua onestà e la sua virtù sarebbero rimaste nascoste: esse rifulsero nell'oltraggio. Forse non fu grato alla sua sorte, abbracciando l'esilio? Parlo di quelli resi famosi dalla fortuna mentre ne erano perseguitati; ma quanti ebbero il riconoscimento dei loro meriti solo dopo la morte? Quanti ce ne sono che la fama trasse fuori da una lunga dimenticanza? … Nessuna virtù rimane a lungo nascosta, né le reca danno l'essere stata nascosta: verrà il giorno che sarà tratta in luce dall'oblio in cui l'aveva cacciata l'invidia dei contemporanei. Chi pensa agli uomini della sua generazione non vivrà per i posteri. Seguiranno migliaia e migliaia di anni, migliaia e migliaia di uomini: a questi devi guardare. Anche se l'invidia avrà imposto a tutti i tuoi contemporanei il silenzio su di te, verranno i posteri a giudicarti con animo sereno, senza avversioni né simpatie. Se dalla fama viene alla virtù un qualche premio, neppure questo va perduto. Non ci toccherà – è vero – quello che diranno di noi i posteri; tuttavia non cesseranno di onorarci, anche se non potremo sentire. A ciascuno di noi la virtù darà la sua ricompensa o in vita o dopo la morte, purchè la seguiamo con sincerità, e non ce ne serviamo come ornamento esteriore, ma rimaniamo sempre gli stessi , sia che sappiamo di essere guardati, sia che siamo presi alla sprovvista. Non giova la simulazione. Un volto imbellettato non fa effetto che a pochi. La verità è sempre la medesima in ogni sua parte. Le false sembianze non hanno alcuna consistenza: attraverso il velo sottile della menzogna, agli occhi di un attento osservatore traspare la verità." (Seneca, Lettere a Lucilio, IX, 79, 13)


pag.42

Dice Shakespeare:

Good name in man and woman, dear my lord,

Is the immediate jewel of their souls.

Who steals my purse steals trash; 'tis something nothing;

'T was mine, 'tis his, and has been slave to thousands.

But he that filches from me my good name

Robs me of that which not enriches him.

(William Shakespeare. Otello, III, 3)

[Il buon nome, mio caro signore, sia per l'uomo che per la donna /

è il gioiello immediato delle loro anime. /

Se uno mi ruba la borsa, ruba dei soldi; è qualcosa e non è nulla; /

erano miei, ora son suoi, come già furono di mille altri. /

Ma chi mi truffa il buon nome, /

mi porta via qualcosa e non arricchisce lui e fa di me un miserabile]


pag.43

L'honneur est comme une isle escarpée e sans bords:

On n'y peut plus rentrer dès qu'on en est dehors.

(Boileau, Satires,10)

[L'onore (della donna) è come un'isola dirupata e senza approdi. /

Quando la si è lasciata, non si può più farvi ritorno]


pag.57

Il principio dell'onore e del coraggio consiste propriamente nel considerare piccoli i mali più grandi, se sono causati dal destino, e invece grandi anche i più piccoli, se sono causati dagli uomini. Si deve restare indifferenti alla perdita di denaro, di beni, di membra del corpo, e non si deve battere ciglio nemmeno di fronte al più grande dolore, finchè tutto ciò è opera del caso, della natura o di animali; ma si deve considerare come summum malum una parola pesante, o addirittura un colpo, e non darsi pace fino a quando non li si sia vendicati con l'uccisione. Quelle bamboches! (A.Schopenhauer, Der handschriftliche Nachla(B), vol.III, p.224)


pag.61

ut quisque contemtissimus e ludibrio est, ita solutissimae linguae est ["uno ha la lingua tanto più sciolta, quanto più è disprezzato e messo lui stesso in ludibrio", citato liberamente da Seneca, Della costanza del saggio, 11, 3]


pag.71

Quanto perfino i loro più grando eroi fossero ignari del terribile significato del colpo è dimostrato inoltre da ciò che Plutarco narra di Temistocle: durante un consiglio di guerra questi si trovò in disaccordo con Euribiade, il comandante della flotta, circa le misure da prendere, e la mordace contesa verbale fra i due si scaldò a tal punto che Euribiade alzò il bastone per colpire Temistocle, il quale non accennò nemmeno a metter mano alla spada bensì disse: "Bastonami pure, ma stammi a sentire". Invano il lettore "d'onore" si attende a questo punto di apprendere da Plutarco che, in seguito a tale fatto, nessun ufficiale volesse più servire sotto Temistocle: a nessuno venne in mente un'idea simile.


pag.72

E che cosa non facevano i filosofi in quei tempi senza onore! Quando un tale assestò un calcio a Socrate perchè non gradiva il suo moraleggiare, questo lo sopportò pazientemente, e a chi se ne stupiva disse: "Se mi avesse scalciato un asino, lo avrei forse trascinato in giudizio?" (Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, II, 5, 21).

E allorchè uno disse a Socrate: "Non ti pare che quel tale ti insulti e ti oltraggi?", la sua risposta fu: "No, le cose che dice non mi toccano" (Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, II, 5, 36)


pag.73

Cratete aveva irritato con le sue frecciate il musico Nicodromo, che gli assestò un tale ceffone da fargli tumefare e sanguinare il viso; egli fissò allora sulla propria fronte, sopra la guancia colpita, una tavoletta su cui era scritto: Nicodromos fecit (Diogene Laerzio, Vite dei filosofi, VI, 5, 89), esattamente come accanto alle opere d'arte si indica il nome dell'autore; e se ne andò in giro così, in modo che ognuno potesse vedere l'infamia del musico che aveva commesso una simile brutalità contro un uomo che (secondo l'espressione di Apuleio, Florida, 4) era venerato come un semidio, un lar familiaris.


pag.73

Altrattanto fece Diogene quando venne percosso da alcuni giovani essendosi presentato mal rasato al loro banchetto. Su questo fatto ci è pervenuta anche una lettera di suo pugno indirizzata a Melesippo nella quale si legge: "Sento che ti rattristi perchè i figli ubriachi degli Ateniesi mi hanno bastonato, e te la prendi a cuore come se fosse stata maltrattata la saggezza. Ma sappi che, se è vero che il corpo di Diogene è stato percosso da ubriachi, la sua virtù non ne è stata oltraggiata, poiché da gente spregevole non i può essere né onorati né oltraggiati".


pag.84

On peu assez longtemps chez notre espèce,

Fermer la porte à la raison.

Mais dès qu'elle entre avec adresse,

Elle reste dans la maison,

Et bientot elle en est maitresse.

(Voltaire, lettera a Saurin del 10 novembre 1770)

[Si può per lungo tempo, nella nostra specie, /

sbarrare la porta alla ragione. /

Ma non appena entra in casa con destrezza, /

più non ne esce, /

e presto la fa da padrona.]


pag.88

Insomma, per quanto si riferisce a oltraggi e insulti, siano essi gesti o parole, ritengo che possano senza dubbio irritare e infastidire un uomo ragionevole, ma che non ne tocchino affatto l'onore: giacchè esso consiste nell'opinione che si ha di lui, la quale non può essere alterata da cose che gli capitino dall'esterno, se non nel caso di individui di estrema imbecillità, la cui opinione non conta nulla.

Un uomo ragionevole può dunque senz'altro dar sfogo alla sua irritazione e al suo fastidio con una reazione adeguata alla cosa, ma ciò va piuttosto tollerato come debolezza umana che da lui preteso come un dovere verso il suo onore. Pertanto, se egli pensa invece abbastanza nobilmente da soprassedervi del tutto, il suo onore, anziché soffrirne, non potrà non trarne addirittura vantaggio.


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