martedì 25 agosto 2009

L'affaire Moro, Leonardo Sciascia

 

Finito di leggere il 21 agosto 2009


L'affaire Moro


di Leonardo Sciascia


edito da Sellerio editore, pagg.146, ottobre 1978


Commento: ho letto poco di Sciascia e la lettura di questo libro è un invito a colmare una lacuna. L'analisi che Sciascia fa dell' "affaire Moro" è lucidissima e al di là delle proprie convinzioni politiche fa riflettere sulla tragicità del dover scegliere. Leggere questo libro 30 anni dopo i fatti successi da inoltre una visuale particolare sullo spessore dei personaggi citati e protagonisti di quei giorni. Stimolanti i passaggi in cui la lettura dei fatti viene interpretata con la cultura della sicilitudine. Forse è per questo che non amo gli scrittori siciliani ma mi devo rendere conto che non si discostano da una lettura della nostra realtà, che forse non è soltanto nostra. Lettura consigliata.


Citazioni:


pag.103

E come fa l'esegeta di Agostino a non saper quanto è difficile, addirittura impossibile, conoscere un uomo; quanto arrogante – senza amore, senza carità - il voler apporre certificazione e giudizio a quel che era e a quel che non è più, a come era e a come è?

"Io ritengo giustissima quella legge dell'amicizia secondo la quale non si deve amare l'amico né più né meno di quanto noi stessi ci amiamo. Ora se anch'io sono sconosciuto a me stesso, non gli faccio davvero torto dicendo che lui è a me sconosciuto; tanto più che, come credo, neppure lui si conosce". O, travalicando la legge che Agostino accetta, il cardinale ha amato Moro più di sé stesso e quindi più di sé stesso ha conosciuto il Moro di prima?

Non lo ha conosciuto per nulla. E, quel che è peggio, ora rifiuta di avvicinarsi a conoscerlo: ora che come non mai dovrebbe conoscerlo, riconoscerlo, non abbandonarlo, non lasciarlo "uomo solo" di fronte alla morte, la tremenda morte che gli viene da altri uomini.


pag.126

Forse ancora oggi il giovane brigatista crede di credere si possa vivere nell'odio e contro la pietà: ma quel giorno, in quell'adempimento, la pietà è penetrata in lui come il tradimento di una fortezza. E spero che lo devasti.


pag.127

Precisione, puntualità ed efficienza sono dalla generalità degli italiani considerate qualità a loro estranee o, a voler salvare qualcosa, allogene. Di un istituto che non funziona, di un ospedale in cui si è maltrattati o in cui non c'è posto, di un treno che ritarda, di un aereo che non parte, di una lettera che non arriva, di una festa che non riesce, il suggello è sempre l'esclamazione : "Cose nostre!". Eppure, c'è almeno una cosa nostra che funziona: ed è appunto quella che ormai antonomasticamente è "cosa nostra". E d'accordo che non c'è da menarne vanto e che per questa "cosa nostra" che funziona si può anche elevare a grido di disperazione l'esclamazione "cose nostre!" su quelle che non funzionano; ma tant'è che funziona e che dunque non per natura o maledizione siamo destinati all'imprecisione, all'impuntualità, all'inefficienza.

pag.129

Atteggiamento che si può anche disapprovare, non poggiando su dati di fatto; ma che trova giustificazione in quel districo di Trilussa che dice la gente non fidarsi della campana poiché conosce quello che la suona.


pag.138

"Ho già detto che si tratta di un romanzo poliziesco... A distanza di sette anni, mi è impossibile recuperare i dettagli dell'azione; ma eccone il piano generale, quale l'impoveriscono (quale lo purificano) le lacune della mia memoria. C'è un indecifrabile assassinio nelle pagine iniziali, una lenta discussione nelle intermedie, una soluzione nelle ultime. Poi, risolto ormai l'enigma, c'è un paragrafo vasto e retrospettivo che contiene questa frase: "Tutti credettero che l'incontro dei due giocatori di scacchi fosse stato casuale" . Questa frase lascia capire che la soluzione è sbagliata. Il lettore, inquieto, rivede i capitoli sospetti e scopre un'altra soluzione, la vera".

(J. L. Borges, Ficciones)


pag.146

9 maggio

Nel bagagliaio di una Renault 4 – rossa secondo il brigatista che en ha dato la comunicazione, amaranto secondo i giornali – viene trovato il corpo di Aldo Moro.

La famiglia diffonde questo comunicato: "La famiglia desidera che sia pienamente rispettata dalle autorità di stato e di partito la precisa volontà di Aldo Moro. Ciò vuol dire: nessuna manifestazione pubblica o cerimonia o discorso; nessun lutto nazionale, né funerali di stato o medaglia alla memoria. La famiglia si chiude nel silenzio e chiede silenzio. Sula vita e sulla morte di Aldo Moro giudicherà la storia".


10 maggio

A Torrita Tiberina, i funerali in forma privata. Moro viene seppellito in quel cimitero.


13 maggio

Rito funebre nella basilica di San Giovanni in Laterano. Presiede Paolo VI, celebra il cardinal Poletti (quello in cui Moro sperava, ma non molto, per una rettifica della "enormità"). Tutti gli uomini del potere sono presenti. Mancano la moglie e i figli di Aldo Moro. Il papa dice: "Tu, o Signore, non hai esaudito la nostra supplica".


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