martedì 25 agosto 2009

L'arte di essere felici, A.Schopenhauer

8 agosto 2009

Letto per la seconda volta

L'arte di essere felici, esposta in 50 massime

di Arthur Schopenhauer


a cura e con un saggio di Franco Volpi, traduzione di Giovanni Gurisatti

pagg.113, gennaio 2002

edito da Adelphi, Piccola Biblioteca

Commento: Libro consigliato.

Citazioni:

pag.30

Massima n.2

Evitare l'invidia: nunquam felix eris, dum te torquebit felicior [Giammai sarai felice finchè ti tormenterai perchè un altro è più felice, Seneca – De ira, III, 30,3]. Cum cogitaveris quot te antecedant, respice quot sequantur [Dopo aver pensato a quanti ti precedono, considera quanti ti seguono, Seneca – Lettere a Lucilio, II, 15, 10].

Niente è altrettanto implacabile e spietato dell'invidia, eppure siamo costantemente impegnati a suscitarla con tutte le nostre forze!

Pag.33

un uomo deve pure sapere ciò che vuole e sapere ciò che può: solo così mostrerà carattere, e solo allora potrà compiere qualcosa di buono.


pag.34

Velle non discitur [Il volere non si impara, Seneca – Lettere a Lucilio, X, 81, 14]


pag.40

Un uomo non si sente affatto privato dei beni ai quali non si è mai sognato di aspirare, ma è pienamente contento anche senza di essi, mentre un altro che possegga cento volte di più del primo si sente infelice quando gli manca una sola cosa da lui voluta.

pag.40

La ricchezza assomiglia all'acqua del mare; tanto più se ne beve, tanto più si ha sete. La stessa cosa vale per la gloria.


pag.47

Aequam memento rebus in arduis

Servare mentem, non secus in bonis

Ab insolenti temperatam

Laetitia

[Nei momenti difficili ricordati di conservare l'imperturbabilità, e in quelli favorevoli un cuore assennato che domini la gioia eccessiva, Orazio – Odi, II,3]


pag.48

Sed, dum abest quod avemus, id exsuperare videtur

Caetera; post aliud, cum contigit illud, avemus;

Et sitis aequa tenet vitai semper hiantes.

[Ma, finchè è lontano, ciò che desideriamo ci sembra superare ogni altra cosa; poi, quando quello ci è dato, aneliamo ad altro ancora, e un'eguale sete di vita perennemente ci affanna, Lucrezio – De rerum natura, III, vv.1082-84]


pag.49

Massima n.6

Fare di buon grado ciò che si può, e sopportare altrettanto di buon grado ciò che si deve. ["Non viviamo infatti come vogliamo, ma come possiamo", Gnomici poetae Graeci – Fleischer, Lipsiae, 1817, p.30.]


pag.50

Massima n.9

L'uomo saggio non persegue ciò che è piacevole, ma l'assenza di dolore.


Pag.50

Massima n.10

Subjice te rationii si tibi subjicere vis omnia [Se vuoi assoggettare ogni cosa, assoggettati alla ragione, Seneca – Lettere a Lucilio, IV, 37, 4]


pag.50

Massima n.11

Una volta che è capitata una sventura e non ci si può fare più nulla, non concedersi nemmeno il pensiero che le cose potrebbero andare diversamente, come fece re Davide e come fanno gli elefanti catturati.

Noi rassomigliamo agli elefanti catturati, che per molti giorni orribilmente strepitano e lottano, finchè non vedono che ciò è inutile, e allora, improvvisamente ammansiti, offrono il collo al giogo, domati per sempre. Siamo come il re Davide, il quale, fintanto che il figlio viveva ancora, investiva incessantemente Jehovah con preghiere e si agitava disperatamente , ma, non appena il figlio fu morto, non ci pensò più.


pag.51

Massima n.12

Non c'è cosa che giovi tanto quanto lo starsene quieti, parlando il meno possibile con gli altri, moltissimo con se stessi. C'è nel parlare qualcosa di insinuante e di blando che, come l'ebbrezza e l'amore, cava fuori i segreti. Nessuno terrà per sé quello che ha udito. Chi non sa tacere un fatto, non sa tacere neppure il nome di chi glielo ha riferito. Ognuno ha un amico a cui confidare quanto è stato confidato a lui. Così, anche se egli raffrena la sua loquacità e si contenta di parlare a una sola persona, il segreto, dopo un po', diventerà di dominio pubblico: sarà sulla bocca di tutti.


Pag.53

Massima n.15

Colui che mantiene la calma in tutte le avversità della vita mostra semplicemente di sapere quanto immensi e molteplici siano i possibili mali della vita, sicchè egli considera il male presente come una parte minima di ciò che potrebbe capitargli. Viceversa, chi è consapevole di questo fatto e ci riflette non perderà mai la calma. All's well that ends well [Tutto è bene quel che finisce bene, W.Shakespeare]


pag.60

Non manifestare grande giubilo o grande afflizione riguardo ad alcun avvenimento, poiché la mutevolezza di tutte le cose può in ogni istante trasformarlo completamente; assaporare piuttosto in ogni momento il presente nel modo più sereno possibile: questa è saggezza di vita.


pag.60

e anche perchè il nostro giudizio su ciò che ci è propizio o svantaggioso è assai ingannevole: ciascuno infatti si lamenta spesso di ciò che poi si è rivelato essere la cosa migliore per lui, e gioisce di ciò che in seguito diventa per lui fonte di sofferenza.


pag.62

Quindi: subjice te rationi si subjicere tibi vis omnia [ Se vuoi assoggettare ogni cosa, assoggettati alla ragione, Seneca – Lettere a Lucilio, IV, 37, 4]


pag.64

[ Chi vuol liberarsi da un male sa sempre quello che vuole; chi vuole invece qualcosa di meglio di quel che ha, è assolutamente cieco. - Goethe – Le affinità elettive ]


pag.65

nella vita è come nel gioco degli scacchi: in entrambi i casi facciamo, è vero, un piano, ma esso rimane assolutamente condizionato da ciò che avranno voglia di fare l'avversario negli scacchi e nella vita il destino. Le modificazioni che ne derivano sono per lo più talmente significative che in fase di realizzazione il nostro piano sarà appena riconoscibile in alcune linee fondamentali.


pag.71

Sforzarsi e lottare con ostacoli è il bisogno più essenziale della natura umana: lo stato di quiete, che sarebbe pienamente autosufficiente nel tranquillo godimento, è impossibile per l'uomo: superare ostacoli è il piacere più completo della sua esistenza; per lui non c'è nulla di meglio. Tali ostacoli possono essere di tipo materiale, come nel caso dell'agire e dell'operare, o spirituale, come nel caso dello studiare e del ricercare; la lotta contro essi e la vittoria su essi costituisce il pieno godimento dell'esistenza umana.


pag.73

Quando invece c'è la salute ogni cosa è una fonte di piacere, ed è per questo che un mendicante sano è più felice di un re malato. Non è quindi senza ragione che ci si informa sempre reciprocamente su come va la salute, non su altre cose, e ci si augura di star bene: sono questi infatti i nove decimi della felicità.


pag.78

Auream quisquis mediocritatem

diligit, tutus caret obsoleti

sordibus tecti, caret invidenda

sobris aula.

Saevius ventis agitatur ingens

pinus: et celsae graviore casu

decidunt turres: feriuntque summos

fulgura montes.


Chi predilige l'aurea moderazione, si tutela dallo squallore di una casa fatiscente come, saggiamente, dall'invidiabile fasto di un palazzo. Il giganteso pino è squassato con più furia dai venti, le alte torri crollano più pesantemente, i fulmini colpiscono le vette dei monti. (Orazio, Odi, II, 10)


pag.80

Spesso uno invidia ingiustamente l'altro per via di qualche avvenimento interessante della sua vita, mentre dovrebbe invidiarlo per la ricettività in virtù della quale tali avvenimenti appaiono così interessanti nella sua descrizione. Il medesimo avvenimento che, capitando a un genio, risulta sommamente interessante, in una testa vuota sarebbe diventato una scena insignificante tratta dal mondo quotidiano. Allo stesso modo per il melanconico è già una scena tragica ciò che per il flemmatico e il sanguigno lo è molto meno. Dovremmo quindi mirare meno al possesso di beni esteriori che al mantenimento di un temperamento sereno e felice e di un sano buonsenso, i quali dipendono in gran parte dalla salute: mens sana in corpore sano [ Sana la mente in corpo sano, Giovenale – Satire, IV, 10 ]


pag.82

Dice Chamfort: Le bonheur n'est pas chose aisèe: il est très difficile de le trouver en nous, et impossible de le trouver ailleurs [ La felicità non è cosa facile: è difficilissimo trovarla in noi e impossibile trovarla altrove – Euvres, vol. IV: Caractères et anecdotes ]


pag.82

Chi è diventato saggio sa che la felicità di un individuo dipende interamente da ciò che lui stesso è per se stesso, mentre non dipende per nulla da ciò che egli è nell'opinione altrui. (A. Schopenhauer)


pag.87

Infatti tutto ciò che accade, accade necessariamente, in quanto accade per delle cause, e queste a loro volta hanno anch'esse delle cause, sicchè tutti gli avvenimenti del mondo, i grandi come i piccoli, formano una rigorosa concatenazione di ciò che necessariamente si produce.


pag.91

I caratteri cupi e meticolosi incontreranno qualche dolore immaginario, ma meno dolori reali dei caratteri sereni e spensierati: infatti chi vede tutto nero e teme sempre il peggio non avrà modo di sbagliarsi altrettanto spesso di chi attribuisce sempre alle cose un colore e un aspetto sereni.


pag.92

Quid aeternis minorem/ Consiliis animum fatigas? [ Perchè affatichi con propositi immortali l'animo, che è tanto da meno?, Orazio – Odi, II, 11 ]


pag.93

La verità principale dell'eudemonologia rimane che tutto dipende molto meno da ciò che si ha, o da ciò che si rappresenta, che da ciò che si è.


pag.93

La personalità è la felicità più alta. [Goethe, Divano occidentale-orientale, VIII, 7 ]


pag.94

Il genio è affine alla melanconia (Aristoteles ait omnes ingeniosos melancholicos esse [ Aristotele dice che tutti gli uomini di genio sono melanconici, Cicerone – Tusculunae disputationes, I, 30, 80 ]


pag.95

La ricettività alle impressioni gradevoli e sgradevoli è estremamente diversa in uomini differenti. La stessa cosa che porta l'uno quasi alla disperazione fa ridere l'altro.


pag.95

Nature has fram'd strange fellows in her time:

Some what will evermore peep through their eyes,

And laugh, like parrots, at a bag-piper;

And others of such vinegar aspect,

That they'll not show their teeth in way of smile,

Though Nestor swear the jest be laughable.


[ La natura, da che esiste, ha formato dei curiosi esseri:

alcuni che possono, guardando attraverso i loro occhi socchiusi,

ridere sempre come pappagalli alla vista di un suonatore di zampogna,

e altri di così inacidito aspetto

che non mostrerebbero i loro denti in sogghigno,

neppure se Nestore giurasse che la facezia era da ridere. W. Shakespeare, Il mercante di Venezia ]


pag.98

Di ciò che si ha fanno parte principalmente gli amici. Ma tale possesso ha la particolarità che il possessore dev'essere nella stessa misura il possesso dell'altro.


pag.101

Ne risulta chiaramente quanto la nostra felicità dipenda da ciò che siamo, dalla nostra individualità, mentre per lo più si tiene conto solo del nostro destino e di ciò che abbiamo. Il destino può diventare migliore e la moderazione non pretende molto da esso, ma un babbeo rimane un babbeo e un ottuso gaglioffo un ottuso gaglioffo per tutta l'eternità, fosse egli in paradiso circondato da urì. La personalità è la felicità più alta.


pag.105

Ciò che fonda la differenza nella sorte dei mortali si può ricondurre a tre punti:

1 – ciò che uno è, cioè la personalità nel senso più ampio, comprendente la salute, la forza, la bellezza, il carattere morale, l'ingegno e l'educazione dell'ingegno.

2 – ciò che uno ha, cioè i suoi averi e i suoi possedimenti.

3 – ciò che uno rappresenta, cioè la reputazione, il rango e la fama, che consistono nell'opinione che gli altri hanno di lui


pag.106

Dice Epitteto: Ciò che turba gli uomini non sono le cose, ma le opinioni che essi hanno delle cose.


pag.107

Ciò che uno ha per se stesso, ciò che lo accompagna nella solitudine e che nessuno può dargli o sottrargli, è molto più essenziale di tutto ciò che possiede o di ciò che rappresenta agli occhi degli altri.


pag.107

Un uomo ricco di spirito, in perfetta solitudine, si intrattiene in modo eccellente con i suoi pensieri e le sue fantasie, mentre un uomo ottuso si annoia nonostante un continuo avvicendarsi di spettacoli, feste ed escursioni.


pag.107

Un carattere buono, moderato e mite può essere soddisfatto anche in circostanze molto misere, mentre un carattere malvagio, avido e invidioso non lo è nemmeno con ogni ricchezza possibile.


pag.108

In fondo sei quello che sei. Mettiti parrucche con milioni di riccioli, colloca il piede su coturni alti un braccio: tu resti pur sempre quello che sei. (Goethe, Faust)


pag.110

Ci si guadagna molto di più se si impiegano le proprie forze nell'educazione della propria personalità, anziché investirle nell'acquisizione di beni di fortuna. Soltanto che quest'ultima non deve venire mai trascurata al punto di condurci in miseria.


pag.110

L'educazione deve essere adatta all'individualità: molto sapere rende l'uomo comune e limitato ancora più stupido, inetto e insopportabile; viceversa, la mente fuori del comune giunge ad apprezzare la propria individualità solo mediante l'acquisizione delle conoscenze che le si confanno.


pag.110

Molti ricchi sono infelici perchè sono ignoranti, eppure di regola ciascuno si preoccupa più di acquisire che di educarsi, senza rendersi conto che ciò che si è contribuisce alla felicità molto più di ciò che si ha!


pag.113

Tam leve tam parvum est animum quod laudis avarum subruit aut reficit [ Così tenue, così piccola cosa è quella che abbatte o solleva l'animo di chi aspira a essere applaudito. Orazio – Epistole, II, 1 ]


pag.113

Alla considerazione, cioè al buon nome, debbono aspirare tutti; al rango debbono aspirare solo coloro che servono lo Stato; alla fama in senso superiore dovrebbero aspirare solo pochissimi.


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